Poesie, Racconti e Musica d’autore

"Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle." (Charles Bukowski)

Viviamo assieme una poesia, un racconto, una canzone o un quadro d'autore, lasciate un vostro commento ai post, per noi sarà un piacere leggervi.

Preghiamo gentilmente tutti quelli che postano il loro commento scegliendo l'opzione 'Anonimo' di blogger di firmarlo, grazie. ros e massimo

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domenica 27 novembre 2011

CUNCHIGLIA di Bruno Zapparrata

Luce,

na ferza 'e mare,

na cunchiglia,

na musica ca m'ha purtato 'o viento,

gocce 'e silenzio fermano 'o mumento,

uocchie pittate 'e nustalgia e turmiento...

Settembre,

'o mmurmulià d' 'e fronne e na canzona

stregnono 'o tiempo ca currenno straccia

'e suonne mieie cu llacreme 'e passione



ca scenneno sceppanno core e faccia.

Cunchiglia,

l'urdema stella stuta nu tramonto

more n'ammore mentre torna l'onna...

e t'accarezza sotto 'o blu d''o cielo...

Nun ce sta addio senza malincunia...

Nterra fa luce l'urdemo lampione, 

canta nu marenaro 'a nustalgia,

carezza 'e viento e nu sapore 'e mare, 

luntano già s'appicciano 'e llampare...







Traduzione letterale e non poetica della poesia CUNCHIGLIA di Bruno Zapparrata Siae 88488 Diritti Protetti e riservati.

CONCHIGLIA


Luce,
uno spicchio di mare,
una conchiglia,
una musica che mi ha portato il vento,
gocce di silenzio fermano il momento,
occhi dipinti di nostalgia e tormento.
Settembre,
il mormorio delle foglie e una canzone
stringono il tempo che correndo straccia
i sogni miei con lacrime e passione
che scendono graffiando cuore e faccia...
Conchiglia,
l'ultima stella spegne un tramonto
muore un amore mentre torna l'onda
e l'accarezza sotto il blu del cielo,
non ci sta addio senza malinconia...
A terra si accende l'ultimo lampione,
e un marinaio canta la nostalgia,
carezza di vento ed un sapore di mare...
lontano gia' si accendono le lampare.







Porgo ai lettori del Blog una poesia esistenziale che si spiega totalmente da se, non avrebbe bisogno di alcun commento da parte mia, è quasi il compendio di una vita, quando manca, come in una partita, il tempo di recupero...Il vento e la sorte spesso hanno spezzato affetti,aspettative, speranze che spesso non hanno più ragione di essere collocate perché inevitabilmente il calendario corre...Ringrazio Massimo Che mi ha contattato, Rosalba come sempre, tutti gli amici e le amiche che mi daranno il piacere di un loro commento.
Bruno Zapparrata












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domenica 20 novembre 2011

OMU SUGNU di Francesco Ferrante.

I DUE CIECHI di Rocco Paci

Lu munnu è surgiva di piccatu
e ju sugnu agugghia persa
nto pagghiaru di la vita.
Omu sugnu,
esseri ‘mperfettu
            ca disìa perfezioni.
Cercu li palori di Diu,
li chiaghi nta li pusa
di Gesù Cristu,
la pietà e la caritati
ca fannu l’omu santu…
ma li me’ spaddi
nun portanu pisu
accussì granni.
Omu sugnu,
e di Virità eterna sacciu sulu parrari.
Cercu la Giustizia di lu celu,
la vuci dispirata di Maria
ca chiama ‘u Figghiu ncruci,
lu cantu di San Franciscu
ca ringrazia lu criatu…
ma li me’ occhi
nun sannu taliàri
la luci annurvanti di lu suli.
Omu sugnu,
crivu c’arricogghi acqua,
scèccu ca parra di scienzia,
giarra ciàccata,
arvulu senza pampini.
Omu sugnu,
ancilu zoppu
d’un paraddisu dannatu.
TRADUZIONE LETTERALE

Il mondo è sorgente di peccato/ e io sono ago perso/ nel pagliaio della vita/ Uomo sono/ essere imperfetto/ che brama perfezione/ Cerco le parole di Dio/ le piaghe nei polsi/ di Gesù Cristo/ la pietà e la carità/ che fanno l’uomo santo…/ ma le mie spalle/ non portano peso/ così grande/ Uomo sono/e di Verità eterna/ so soltanto parlare/ Cerco la Giustizia del cielo/ la voce disperata di Maria/ che chiama il Figlio in croce/ il canto di San Francesco/ che ringrazia il creato.../ ma i miei occhi/ non sanno guardare/ la luce accecante del sole/ Uomo sono/ vaglio che raccoglie acqua/ asino che parla di scienza/ giara spaccata/ albero senza foglie/Uomo sono/ angelo zoppo/ di un paradiso dannato.






I nostri sforzi per essere perfetti si scontrano con la fragilità dell'essere umano, condizione che ci pone in costante insoddisfazione se non accettiamo il fatto di essere uomini, "angeli zoppi di un paradiso dannato".


http://www.poeti-poesia.it/SitiCommunity2/FrancescoFerrante/Poesie.htm





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domenica 13 novembre 2011

TELE IMBRATTATE di Rosalba Di Vona





Imbratto la tela
Di fulgidi colori rubati
Intanto che si leva il sole
Alba che sa di luce
Rifratta nel selvaggio mare 
Maestra indiscussa finanche
Sui pendii immolati al gelo e
Coperti di coltre bianca
La imbratto poi
Dei rossi di foglie posate
Su verde e intenso muschio
Che odora di bosco e
Di zolle di terra fumante
In una giovane primavera
E ancora la imbratto
Di biondo grano
Macchiato dal sanguigno papavero
O delle svelte canne mosse dal refolo
E quando a piene mani
Avrò rubato ogni sfumatura


Colmando il mio grembo
E appagando il mio ardore
Raccoglierò 
L’amore per la natura 
Per donarlo a chi l’ha resa ostile
Con la folle speranza 
Di svegliare 
Almeno una coscienza 













Le poesie nascono il più delle volte da un pensiero veloce, che rubo ad una riflessione o ad un’emozione appena provata. La natura cattura spesso i miei sensi e le mie emozioni, i suoi colori, gli odori, i sapori che mutano con il mutare del clima, mi stordiscono e mi avvicinano al mondo. In primavera all’alba, gli squarci di luce mi catturano, l’energia del mondo che si sveglia mi coinvolge e mi avvicina all’universo. Immagini altrettanto belle e ricche di colori me le offrono anche le altre stagioni con colori diversi, attrazioni diverse e con altrettanto fascinosa bellezza, che amerei stendere su una tela per offrirla a quegli esseri umani dal cuore arido nella speranza, che almeno uno, si svegli e comprenda il danno che sta facendo. Essi non si rendono conto, che il loro cuore diventa sterile e duro quando si allontana dalla natura e viene a mancare anche la considerazione per se stessi. Eppure, essa non ci chiede che rispetto, in cambio ci offre la vita, se solo l’ascoltassimo e la osservassimo ne trarremmo enormi benefici.

Rosalba Di Vona











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domenica 6 novembre 2011

DOVE VANNO I FIGLI di Massimo Imperato

Son come uccelli i figli
e cercano un'uscita,
un varco per volare
che gli cambi la vita.

Puoi chiudere la gabbia,
stendere le tue reti,
sempre hanno la forza
di fuggire coi segreti.

E svelti verso il mare,
poi li vedrai volare
con battiti di ali
tremanti ed irreali.

La rabbia scorre forte,
si mescola ai pensieri
e rende ciechi gli animi
dei padri sempre seri.

Non serve preoccuparsi
se passa un mese o un anno,
lasciali volteggiare
poi a casa torneranno.





Sono stato un figlio amorevole ma ribelle. Ho voluto fare le mie scelte in contrasto con la famiglia, ne ho pagato le conseguenze a caro prezzo, allontanandomi per tempi lunghi dai miei affetti. Poi, pian piano, dopo anni , ho ricucito il rapporto e le frequentazioni.
Da genitore di cinque figli ho affrontato gli allontanamenti con ansia, inizialmente, per poi maturare ciò che esprimo nei versi della poesia. 
In particolare dedico questo componimento alla mia figlia più grande, che, ancora oggi, vive lontana dalla famiglia da cui ha ricevuto solo e sempre tanto amore, rinnegandola per andare a vivere nella famiglia del marito abbracciando una forma di fanatismo religiosa che respinge coloro che non la condividono.





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