Poesie, Racconti e Musica d’autore

"Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle." (Charles Bukowski)

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mercoledì 20 giugno 2018

Casa di Warsan Shire



Casa

Andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese
negri con le mani aperte
hanno un odore strano
selvaggio
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro
Le parole
gli sguardi storti
come fai a scrollarteli di dosso?
Forse perché il colpo è meno duro
che un arto divelto
o le parole sono più tenere
che quattordici uomini tra
le cosce
o gli insulti sono più facili
da mandare giù
che le macerie
che le ossa
che il corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.
A casa ci voglio tornare,
ma casa mia sono le mandibole di uno squalo
casa mia è la canna di un fucile
e a nessuno verrebbe di lasciare la propria casa
a meno che non sia stata lei a inseguirti fino all’ultima sponda
A meno che casa tua non ti abbia detto
affretta il passo
lasciati i panni dietro
striscia nel deserto
sguazza negli oceani
annega
salvati
fatti fame
chiedi l’elemosina
dimentica la tua dignità
la tua sopravvivenza è più importante
Nessuno lascia casa sua se non quando essa diventa una voce sudaticcia
Che ti mormora nell’orecchio
Vattene,
scappatene da me adesso
non so cosa io sia diventata
ma so che qualsiasi altro posto
è più sicuro che qui.




Warsan Shire è una poetessa britannica di origine somala, nata in Kenia nel 1988.  I suoi libri e le sue poesie hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali e sono diventati stendardi in difesa dei diritti degli immigrati. Warsan Shire parla di immigrazione da immigrata e da sempre nelle interviste esprime la volontà di dare voce a chi voce non ha, a chi viene imbavagliato da una retorica razzista che vuole dividere gli esseri umani per appagare la divorante fame di consensi popolari e potere.(Lo sbuffo)



                                                                                   Giorgio Crisafi




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domenica 17 giugno 2018

Chiamami sottovoce di Nicoletta Borlolotti






"Una scatole di Caran d'Ache…. Perché mi hai fatto questo regalo? Perché oggi è il tuo compleanno. Non me lo ricordavo, è vero oggi compio nove anni. (….) 
Dopo che è scesa il muro ha cominciato a parlarmi, voleva che disegnassi sopra qualcosa perché era tutto bianco e il bianco non era un colore per nulla divertente. Disegnami, dai, disegnami sopra, sono stufo di essere bianco. Mi aveva fatto fare una brutta cosa Delia si sarebbe arrabbiata? Mi avrebbe picchiato? Sarebbe diventata la strega vecchia e arcigna che pensavo fosse all’inizio? (……) Avrebbe chiamato la polizia? Ho preso la gomma e ho iniziato a cancellare. Peggio. Il colore si spandeva sull’intonaco in chiazze irregolari. 
Delia. Mi scappa…. posso scendere? ‘Vieni giù alla svelta!`Ho sentito i suoi passi avvicinarsi e poi ho visto la botola aprirsi (….) `Però…un arcobaleno!! Forse è quello che ci voleva…ahahah….ci voleva proprio. Un arcobaleno! `

La mamma mi si è avvicinata sfiorandomi il bordo di un orecchio con il fiato. `Mi raccomando Michele, ricordati le regole. Nessuno deve sapere che sei qui. Nessuno, capito? Se non fai il bravo viene a prenderti il poliziotto.`




Michele e Nicole, i protagonisti di questo libro, sono due bambini che vivono due vite diverse. Michele è un bambino proibito, un clandestino, entrato in Svizzera stretto in mezzo alle valigie, dentro un bagagliaio di una Fiat 131, Nicole è una bambina che vive ad Airolo, nella Maison des roses, una casa adiacente alla soffitta dove vive rinchiuso Michele.
Il racconto, edito da Harper Collins, ha catturato il mio interesse perchè affronta un argomento fino a poco tempo fa e forse ancora oggi sconosciuto a molti: i bambini invisibili. Quei bambini che, a seguito di genitori con permessi stagionali, entravano in Svizzera. Il fenomeno che si è sviluppato a partire dagli anni 60 è emerso solo alla metà degli anni 90, quando è cambiata la legge. ros

Il racconto, edito da Harper Collins, ha catturato il mio interesse perchè affronta un argomento fino a poco tempo fa e forse ancora oggi sconosciuto a molti: i bambini invisibili. Quei bambini che, a seguito di genitori con permessi stagionali, entravano in Svizzera. Il fenomeno che si è sviluppato a partire dagli anni 60 è emerso solo alla metà degli anni 90, quando è cambiata la legge.

NOTA: `Fino al 1996 la legge elvetica, infatti, non permetteva agli stranieri che avevano un permesso di soggiorno stagionale di portare con sé i loro piccoli. I genitori li facevano entrare clandestinamente in Svizzera ma poi erano costretti a nasconderli in casa: centinaia di bambini italiani hanno trascorso la loro infanzia senza vedere la luce del sole, senza frequentare le scuole. Hanno vissuto come Anna Frank, con la paura che da un momento all’altro li avrebbero denunciati e allontanati per sempre dalla loro famiglia. L’alternativa era mandarli in questi orfanotrofi.’Redazione Sociale




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