(dipinto di Daniela Nasoni)
Figlia di nessuno sola nella notte
giovane vita sfinita su un prato
neve infuocata sui tuoi capelli
rivoli di sangue bagnano i tuoi seni
Gorgheggi nella tarda sera
di mille trame mai sentite
di uomini senza rimpianti
di soste di millenari affanni
Freschi ricordi di generose fiabe
violata poi per sempre la tua innocenza
teneri abbracci non conoscevi
scevra ti accingevi al tuo carnefice
ruvide mani fendevano il tuo corpo
lacrime amare solcavano il tuo volto
muto allo scempio restava il tuo grido
mentre corpi brutalmente infierivano
boia ti prego uccidi ...
... questa belva che distrugge
"Ho scritto questa poesia come sempre di getto dando sfogo a sensazioni recondite provate in modo "empatico" ... quei volti che apparivano nella mia mente con quelle espressioni di paura, sgomento, incredulità... erano evanescenti, sconosciuti... ma dopo, solo dopo ho riconosciuto in quei volti le "Sara" le "Yara", le "Melania", le "Elisa" e le tante altre giovani innocenti immolate sull'altare della violenza, colpevoli solo del fatto di essere "Donna"!
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Poesie, Racconti e Musica d’autore
"Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle." (Charles Bukowski)
Viviamo assieme una poesia, un racconto, una canzone o un quadro d'autore, lasciate un vostro commento ai post, per noi sarà un piacere leggervi.
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domenica 25 settembre 2011
venerdì 29 gennaio 2010
ANGELO di Carla Fortebracci
Mai ti vidi perché non volli guardarti
mai ti udii perché non volli ascoltarti
mai mi parlasti perché non volli capirti
mai m'aspettasti perché non volli seguirti
Eppur presente eri nei miei pensieri
rinnegato ti ebbi nei miei peccati
non ti trovai perché non seppi cercarti
e mai m'accorsi della tua presenza
Divenne notte e t'avvicinasti
posasti le tue dita sul mio cuore
ti scoprii il volto cercando il tuo nome
raggi di luce accecaron i miei occhi
Tu che fosti da sempre il mio compagno
m'accettasti il giorno della mia venuta
ti prendesti cura dell'anima mia nascente
piccola stilla di future lacrime
Ora dolce il tuo profumo m'invade
tenero il tuo abbraccio mi circonda
non lasciar più da sola la mia mano
celeste amico di questa oscura valle.
mai ti udii perché non volli ascoltarti
mai mi parlasti perché non volli capirti
mai m'aspettasti perché non volli seguirti
Eppur presente eri nei miei pensieri
rinnegato ti ebbi nei miei peccati
non ti trovai perché non seppi cercarti
e mai m'accorsi della tua presenza
Divenne notte e t'avvicinasti
posasti le tue dita sul mio cuore
ti scoprii il volto cercando il tuo nome
raggi di luce accecaron i miei occhi
Tu che fosti da sempre il mio compagno
m'accettasti il giorno della mia venuta
ti prendesti cura dell'anima mia nascente
piccola stilla di future lacrime
Ora dolce il tuo profumo m'invade
tenero il tuo abbraccio mi circonda
non lasciar più da sola la mia mano
celeste amico di questa oscura valle.
La dottrina cristiana, a partire dal Medioevo e più precisamente nei Concili Ecumenici “Lateranense IV” (1215) e “Vaticano I” (1870), interpreta la figura degli Angeli, dall’ebraico mal’ak, come messaggeri della divinità e li definisce “puri spiriti” dotati di intelletto e volontà e liberi di scegliere tra il bene e il male.
Queste entità poste tra Dio e l’uomo, hanno il compito di vegliare su ognuno di noi al fine di custodire il nostro corpo e la nostra anima.
“Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 18,10).
... Un giorno, all'improvviso, quando il "buio" stava per avvolgere la mia vita incontrai il mio Angelo custode.
giovedì 7 gennaio 2010
URAGANO di Carla Fortebracci
URAGANO
Impercettibili e flebili gesti
soffici e impalpabili sguardi
sensi storditi nel sublimarsi
scoscesi pendii e fievoli passi.
Tace il canto degli uccelli
immobili sono le fronde
muto il ruscello scorre
il paesaggio statico appare.
Ma il fermento sotterraneo bolle
devastante la furia attende
l'uragano silente giunge
d'improvviso la violenza irrompe.
Tenebre squarciate da lampi
piogge scroscianti inondano
tumultuosi venti stravolgono
agognati momenti di pace.
Ulula la tempesta nella notte
sradicate le radici dal suolo
scardinate le ultime case
poi agghiacciante sovrasta il silenzio.
E' una poesia che si presta a molte interpretazioni, scritta in un periodo difficile, dove il comporre versi ha rappresentato il modo per superare le aspre vicissitudini della vita stessa, facendo defluire pian piano "il male di vivere" che a volte è presente nei nostri giorni. L'uragano dei sentimenti, delle paure, della rabbia, delle attese... che d'improvviso si risveglia.
sabato 5 dicembre 2009
ANIMA VAGANTE di Carla Fortebracci
ANIMA VAGANTE
Un dì m’accorsi d’essermi perduta
mentre vagava l’anima mia fra i sensi
d’un tratto l’armonia si fece muta
si spensero quei giorni fatui e melensi
l’eden m’avea accolta un dì lontano
stordito s’era il cor di tanto ardore
ignara m’inoltravo piano piano
nell’incantato bosco dell’amore
donai anima e corpo senz’indugio
certa che il fato fosse un re clemente
giammai cercai riparo né rifugio
scevra d’inganni abbandonai la mente
mille o più di mille furon quei baci
quelle carezze languide e suadenti
magiche notti scandevan ore audaci
l’oblio fluttuava libero tra i venti
non seppi allor capir colui chi fosse
quel volto che m’avea sì tanto amata
cosparsa m’ebbe la via di rose rosse
io gli credetti e fui così dannata
passaron sul mio corpo i mesi e gli anni
lasciando i segni delle vane attese
la gioia cedette il posto a quei malanni
il cor s’inaridì ma non s’arrese
fuori dall’uscio stetti come un cane
fedele attesi briciole di vita
m’accontentai di acqua e poco pane
riempir la ciotola per lui fu cosa ardita
negate allor mi furon le speranze
sgorgaron dai miei occhi lagrime amare
cessò la melodia con le sue danze
rimasi sola avvinta al mio fervore
furon momenti d’atroce smarrimento
fitti quei rovi m’infliggean dolore
il corpo mio fu avvolto dal tormento
trovai il coraggio e strappai dal petto il cuore.
La poesia è tratta dal libro "Viaggio autobiografico nel paranormale". Questa poesia come le altre facenti parte del capitolo dedicato alla scrittura automatica e alle poesie ispirate, è stata da me composta in uno stato d'estasi e in pochi secondi senza riflettere, né sapere cosa stavo scrivendo, come se qualcuno mi dettasse quei versi che scaturivano senza sosta dalla mia penna. Contemporaneamente alla scrittura, nella mia mente si avvicendavano le immagini che poi ho ritrovato nel testo del componimento.
sabato 7 novembre 2009
Poesia ispirata "Il distacco" di Carla Fortebracci
Acuti strazi m’infliggean dolore
Supina e inerme giacevo muta
Quei luoghi cari, sì perdean colore
Siffatta notte m’abbandonai sparuta
Un coro gaio e amico udii lontano
D’arretro mi chiamavan moleste voci
Guardinga mi fermai e attesi invano
Quell’alito di vita d’in su le foci
L’anima abbandonò le membra stanche
Triste affiorò il ricordo del palpito materno
Ti vidi nella notte con le tue gote bianche
Nulla potei …. E assaporai l’eterno
Fu balenante l’attimo e ti toccai il cuore
Sgorgaron dai tuoi occhi lacrime amare
E tu capisti allor la gioia e il mio dolore
Di questa morte, figlia, ancor per te mi duole.
Le mie poesie non hanno mai un titolo perchè sgorgano all'improvviso ... figlie delle mie sensazioni interiori, che vanno a tingere d'inchiostro bianchi fogli di carta. Rileggendo poi quei pensieri, che attraversano velocemente la mia mente trasformati in parole scritte, mi accingo a dare un titolo che ogni volta, però, mi appare limitativo.
La poesia "distacco" si riferisce alle sensazioni che provai nell'attimo in cui mia madre spirò. Stavo tornando da lei in ospedale e all'improvviso, mentre guidavo, sentii un dolore lacerante al cuore, come se qualcosa si stesse distaccando da me ... in quell'attimo mia madre morì. Dopo circa un anno mi ritrovai a passare nello stesso posto e alla stessa ora ... stavo guidando e provai lo stesso lacerante dolore ... mi fermai e scrissi ... era un messaggio d'amore ... ciò che lei aveva provato nell'attimo del suo trapasso. (Carla Fortebracci)
Supina e inerme giacevo muta
Quei luoghi cari, sì perdean colore
Siffatta notte m’abbandonai sparuta
Un coro gaio e amico udii lontano
D’arretro mi chiamavan moleste voci
Guardinga mi fermai e attesi invano
Quell’alito di vita d’in su le foci
L’anima abbandonò le membra stanche
Triste affiorò il ricordo del palpito materno
Ti vidi nella notte con le tue gote bianche
Nulla potei …. E assaporai l’eterno
Fu balenante l’attimo e ti toccai il cuore
Sgorgaron dai tuoi occhi lacrime amare
E tu capisti allor la gioia e il mio dolore
Di questa morte, figlia, ancor per te mi duole.
Le mie poesie non hanno mai un titolo perchè sgorgano all'improvviso ... figlie delle mie sensazioni interiori, che vanno a tingere d'inchiostro bianchi fogli di carta. Rileggendo poi quei pensieri, che attraversano velocemente la mia mente trasformati in parole scritte, mi accingo a dare un titolo che ogni volta, però, mi appare limitativo.
La poesia "distacco" si riferisce alle sensazioni che provai nell'attimo in cui mia madre spirò. Stavo tornando da lei in ospedale e all'improvviso, mentre guidavo, sentii un dolore lacerante al cuore, come se qualcosa si stesse distaccando da me ... in quell'attimo mia madre morì. Dopo circa un anno mi ritrovai a passare nello stesso posto e alla stessa ora ... stavo guidando e provai lo stesso lacerante dolore ... mi fermai e scrissi ... era un messaggio d'amore ... ciò che lei aveva provato nell'attimo del suo trapasso. (Carla Fortebracci)
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