Ho Dipinto la Pace Avevo una scatola di colori brillanti, decisi, vivi. Avevo una scatola di colori, alcuni caldi, altri molto freddi. Non avevo il rosso per il sangue dei feriti. Non avevo il nero per il pianto degli orfani. Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti. Non avevo il giallo per la sabbia ardente, ma avevo l'arancio per la gioia della vita, e il verde per i germogli e i nidi, e il celeste dei chiari cieli splendenti, e il rosa per i sogni e il riposo. Mi sono seduta e ho dipinto la pace. Ieri mattina Massimo ha pubblicato un bellissimo post con una poesia di Gabriele D'Annunzio intitolata 'Resurrezione'(clicca per leggerla), i primi versi erano: 'Suono di campane voce che trasvola il mondo...' Ecco, il mio più grande desiderio sarebbe che questa voce arrivasse al cuore di tutta le gente del mondo (soprattutto a quello dei potenti) e li incoraggiasse ad una resurrezione di pace.
Laddove non c'è Pace non c'è Resurrezione e, aldilà di ogni retorica, solo il dialogo può far risorgere tutti in un mondo migliore. Ringrazio di cuore Rosalba Falzone e invito tutti a cliccare sul il link posto sotto il quadro per vederlo intero.
Ho visto ho sentito non dimentico Ho visto Auschwitz Ho visto il campo ho sentito il silenzio. Ho visto i volti Ho visto, bambini, donne, uomini Ho visto i loro vestiti Ho visto le loro scarpe Ho visto le loro valigie Ho visto le foto ho, i loro ricordi Ho visto i loro capelli Ho visto la stoffe realizzate con i loro capelli Ho visto gli oggetti realizzati con la loro pelle Ho visto le loro divise a righe Ho visto i loro celle ho sentito l'odore delle latrine Ho visto le camere a gas Ho visto i forni crematori ho sentito i rumori ho sentito piangere ho sentito gridare Ho visto la morte Auschwitz non dimentico ho sentito Ho visto.
Sono una Fata, luminosa, eterea, evanescente. Sono una Fata, una Fata vera. Non faccio magie, non ho la bacchetta con la stella, non volo, sto con i piedi per terra. Sono una Fata, premurosa, dolce, a volte odiosa. Se le fai un regalo avvolto in carta pecorita, non le accetta, e chi lo fa lo aspetta. Sono una Fata, allegra, amata e spensierata. Non chiedo nulla, non desidero altro che il respiro, non voglio castelli ne brutti e ne belli. Sono una Fata, sognatrice, fantasiosa e concreta. Felice solo di respirare, di vedere la natura, e di guardare il mare. Sono una Fata.
Chi è la Fata? E' l'autrice che si identifica in essa per esprimere giocosamente la sua personalità. Il dipinto sarà in mostra sino al 6 agosto nella Zanon Gallery Via di Tor di Nona, 45 Roma. Rosalba Falzone
Una ragione io cerco del fervore di vita pieno eppure immoto in questo angolo di terra. Danza acrobatici passi lungo invisibili reti un ragno perlaceo. In rara armonia un pullular di formiche si estenua per secchi frammenti. Un verde bruco stupendo sormonta abbracciandola una montagna di foglie. Una bianca farfalla disorienta lo sguardo in vorticose rincorse. Un cuculo a intervalli scandisce del tempo il ritmo lento. Quale in tutto questo la ragione?
Sarà forse la beffa di chi agita i fili di marionette impotenti costrette al bisogno o è un unico afflato che ora lieve ora grave anima nei confini del cosmo mille forme diverse a formare i pioli di una medesima scala che conduce all’Origine-Prima? Scivolato sulla mia mano il ragno a mio conforto spezza la mia solitudine. La risposta allora intuisco nelle note di un vento lontano.
Attraverso una lineare semplice immediata poesia si vuole evidenziare il fatto che fin dalla più lontana storia umana molti interrogativi hanno attanagliato le coscienze con risposte più o meno in grado di placare le angosce esistenziali, alimentate soprattutto dal mistero che circonda il nostro destino di creature umane. Risuona nelle orecchie il grido di Ecuba, nelle Troiane di Euripide "Zeus, sostegno della terra, che sopra la terra hai la tua sede, chiunque tu sia, difficile a comprendersi - forse necessità della natura, forse ragione degli uomini:...". Coloro che più insistentemente hanno tentato di affrontare l'eterno quesito hanno avuto in sorte o l'illuminazione della Fede o la tragica disperazione o il deserto bruciante di agnostiche o materialistiche convinzioni. Ognuno nel suo intimo forse può ascoltare la voce della scintilla che illumina il dubbio o annegare nella nera palude di risposte impossibili. (Adriana Pedicini)
M'ispira lu ventu c'annaca li fogghi, l'alliscia, li scoti, li strogghi e li straminìa comu pittiddi pi l'aria e pa' via. M'ispira lu suli ca fà affacciateddi, s'infila nte casi, nta tutti li vaneddi: asciuca filati di robbi stinnùti e fa arrussicari facciuzzi piatusi. M'ispira lu focu c'abbrucia e distruggi ca duna caluri, ca coci e rivugghi, ca svampa, scattìa e fa li faiddi ca scintillianu comu li stiddi. M'ispira la me' terra ca è terra di focu d'amuri e di odiu di tanti sapura e di milli culura di genti scialusa e assai ginirusa. M'ispira lu scuetu ca fa 'nnamurari dda smania ca afferra e fa suspirari fa chianciri, ridiri, lu cori 'ncantari e lu porta unni voli e lu fa cuntrastari. M'ispira lu sonu di l'Avimmaria ca 'nvita la genti e ci mustra la via e annunzia la sira, la paci, lu riposu e spiranzi d'amuri pi tutti li criaturi. M'ispira la fami, la puvirtà e la suffirenza di l'umanità; m'ispira lu mari, lu firmamentu, un filu d'erba, 'na spica di furmentu 'na lacrima, un cantu, 'na risatedda... lu scaccanìari di 'na funtanedda. Ma ch'ossai di tuttu m'ispira l'amuri, ca a tutti sti cosi ci duna culuri, ci duna vuci, ci porta puisia, nni duna paci e nni porta armunia. Si nun ci fussi stu sintimentu la nostra vita fussi un turmentu; povira e tristi dd'umanità ca senza amuri nun sapi unni và!
Tratto dal libro "La vita...ciuri d'amuri" di Rita Elia ed. Gasm
M'ispira è una delle più belle poesie che la mia anima abbia partorito. A detta di tanti amici è la più bella delle mie poesie d'Amore.Pamela Villoresi ,toscana, l'ha recitata in maniera egregia a Sant'Agata di Militello ( Me) dove M'Ispira si è classificata, nel 2007, al primo posto,nel premio di poesia indetto dallo stesso comune (Rita Elia)
Postato nei commenti trovate il testo della poesia tradotto dalla stessa autrice. Grazie a tutti.
Di nuovo passeggio fino al carrubo tra ulivi e sorbi colorati il pensiero rivolto al tempo che fu
Riprovo allegria all'odore dell'erba pestata il geranio greco ancora di menta profuma e le more fra i rovi sono già mature
Devo ridare vita ad una casa che da tempo ormai sonnecchia restituirle l'anima che in fondo era la tua.
A volte un grande dolore ti fa accantonare luoghi ed abitazioni dove sei stato felice. Poi, a un tratto senti che non è giusto e vuoi ridar vita a ciò che è stato per troppo tempo trascurato.
PROLOGO Dai pinnacoli e nelle nicchie volti e ali di giovani popolani sorprendono nell’ombra lo sguardo incerto del pellegrino. Un flauto silente accompagna i suoi passi nel deserto. È vana la speranza dei padri di cullare con certezze quel fanciullo che ora piange in te. “Maestro, dove e come volgerò il mio passo?” “ Anche se tu non hai piedi, anche se tu non hai ali, su un tappeto di porpora e d’oro viaggia da te stesso in te stesso, e sorella ti sia la Speranza, la lingua antica sepolta tra i rovi della tua miseria, l’allodola che si libra nella luce del giorno dopo l’incubo di un risveglio che dice l’angoscia del rischio”.
STANZA 1
Nella notte, intorno ai falò, tra i fiori e il grano, là dove pascolano le anime, le vesti variopinte sono memoria d’altri tempi: una schiera di bimbi si rincorre, monetine alla mano, anelli ed orecchini di padri-padroni adornano un ridere sgangherato di gemme e rubini. E ai margini del prato, tra i fili argentei che squadrano il tempio arcano perennemente incompiuto, il cavaliere solitario danza con grazia e voluttà sospeso tra cielo e terra, ed evoca le tre maliarde: la Forza, per cambiare il possibile, la Bellezza, per sentire su di sè la luce che il fanciullo ha spento, la Sapienza, per accogliere l’immutabile. Sostano colà auto lussuose come icone inghirlandate, per rendere sacro il rito profano di sposi-bambini avvinti in catena sull’orlo di un precipizio: Libertà.
STANZA 2
E la canicola rupestre a ridosso dello zoccolo che ossessivo morde la pietra del Pelio, Χείρων. Neppure il tafano coglie i tuoi sensi. Ma tu furtivo spii il sentiero - il tempo si specchia nella salsedine della tua malinconia - e cacciatore generoso balzi nei meandri della brughiera, dove la fantasia vibra nel fuoco della ferita sacrificale e gli spirti si danno il sesso e la forma che desiderano. Il volto sublime fradicio di desiderio riscopre la nostalgia degli affetti: l’aspro sapore del pane tostato, la carezza di una mano che nell’alba lambisce il tuo manto stellato, un’eco lontana: “Abbracciatevi, Fratelli!”
STANZA 3
Chi si affaccia laggiù tremante e canuto, oppresso dal peso della Storia? - Sei forse il chicco di grano… o l’occhio vigile del lento caimano? - Beato l’uomo, poiché non conosce la sua sorte! La luna è scesa dal cielo e rapida come folgore m’ha strappato a me stesso e ora sono me stesso e la luna. Voglio passare questa notte tra le braccia di Dio! E con te, compagno della mia caverna, io invoco pietà… pietà per il millennio che si spegne… pietà per i lager, per i genocidi, per le vittime della fame… pietà per chi non ha potuto aprirsi alla luce… pietà per i niños de rua… pietà per chi vaga alla ricerca di una patria, di un lavoro, della propria dignità smarrita, della Tua giustizia, Adonai!… Adonai!… Io chiedo la Luce! - La Luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta…- …e spaurito guardo a te, Gerusalemme, innalzando un vessillo: Uguaglianza.
FINALE
Oh mio cuore logoro in questo tempo logoro, cavalca il drago inquieto del mattino, e la sera tra i rami ricurvi del melo sciogliti dalle pastoie della Comunicazione - l’occhio immondo coatta il villaggio globale - e tra il silenzio di ghiacci invisibili in un giardino di aquilegia blu sciogliti dalla logica del Mercato - il minotauro ha nome Banca mondiale o Fondo internazionale?- e comunica di nuovo il tuo sorriso, il tuo pianto, i tuoi sospiri, nel tramonto di invisibili membra di sogno … nella rugiada seducente e crudele dell’alba… nell’arcobaleno che sorride della nascita del nuovo serpente.
Nel gennaio 1998, mentre ero in ospedale reduce da una serie incredibile di disavventure che avevano rischiato di uccidermi, un amico musicista, probabilmente per spingermi a guardare al futuro, mi chiese di scrivere qualcosa sul Duemila che si stava avvicinando: un testo poetico per una cantata per soli, coro e orchestra.Così nacque “Ode al Duemila”, ma l’amico se ne guardò bene dal musicarla. “Ode al Duemila” vuole essere un inno al Laicismo illuminista (Liberté, Egalité, Fraternité) ma anche al Cristianesimo, al Mito ma anche alla Storia.(Mario Peverada)
Sei ,come nuvola di seta pura delicatissima al tatto ma ardito e difficilissimo da manipolare Sei come filigrana, disegni con la penna bellissimi tramonti e corpi frementi d'amore, immagini stupende che lacerano anima e cuore, ma a tratti scialbo e senza colore, mai parole nuove o nuove emozioni che invano invoco credendoti generoso. Adesso stanca ,delusa innalzo non senza dolore, pareti di cemento armato intorno al mio cuore, per difenderlo dagli attacchi ingiusti della penna che stringi in pugno come macete per colpire lacerare e uccidere un amore ormai nato.
Dall'alto dei monti della mia terra, non vedo nè campi d'arare nè grandi città di grattacieli..qual guglie protese nel sole,
ma vedo brulle colline disseminate di sterpi e nude pietraie biancheggianti sotto un sole perenne.
Non vedo "ville sparse, biancheggianti al sole, come branchi di pecore pascenti"
ma greggi sparute che vagano per pendii dirupati ...scavano nel suolo duro, sterile..interamente disseccato e bruciato.
Salgo su per un sentiero impervio e scosceso... e da case, che case non sono, volti bruni.... segnati da sofferenze taciute, mi guardano fisso con occhi profondi.
Terra mia, depredata consegnata nelle stanze di infami palazzi a mani rapaci, quanto ti amo Sicilia, terra mia amata, bella e ferita.
Salgo ancora verso un poggio, il mio respiro è affannoso il cuore mi batte violento qual volesse scoppiar dal dolore.
arrivo su in cima il poggio è un'alta terrazza, ...... e il mare.......... sorgente di vita, che appare improvviso a grande distanza, splendente nel sole mi sembra soltanto un miraggio irreale. (Franco Rubino)
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