Donna Donna, non sei soltanto l’ opera di Dio, ma anche degli uomini, che sempre ti fanno bella con i loro cuori. I poeti ti tessono una rete con fili di dorate fantasie; i pittori danno alla tua forma sempre nuova immortalità. Il mare dona le sue perle, le miniere il loro oro, i giardini d’ estate i loro fiori per adornarti, per coprirti, per renderti sempre più preziosa. Il desiderio del cuore degli uomini ha steso la sua gloria sulla tua giovinezza. Per metà sei donna, e per metà sei sogno. condividi il post su
Dita intrecciate che si stringono forte si aprono al cielo in attesa della morte. Soffiano le loro voci vagano nel vento odore acre intriso di pianto campane di fumo rintoccano nel silenzio testimone la luna di quei fuochi d’argento scavate d’agonia le fosse pugni di terra fertile forse erano corpi uomini spenti e come alberi con i rami spezzati aspettano ancora adesso le foglie andate calpestio della memoria.
Andatevene a casa neri rifugiati sporchi immigrati richiedenti asilo che prosciugano il nostro paese negri con le mani aperte hanno un odore strano selvaggio hanno distrutto il loro paese e ora vogliono distruggere il nostro Le parole gli sguardi storti come fai a scrollarteli di dosso? Forse perché il colpo è meno duro che un arto divelto o le parole sono più tenere che quattordici uomini tra le cosce o gli insulti sono più facili da mandare giù che le macerie che le ossa che il corpo di tuo figlio fatto a pezzi. A casa ci voglio tornare, ma casa mia sono le mandibole di uno squalo casa mia è la canna di un fucile e a nessuno verrebbe di lasciare la propria casa a meno che non sia stata lei a inseguirti fino all’ultima sponda A meno che casa tua non ti abbia detto affretta il passo lasciati i panni dietro striscia nel deserto sguazza negli oceani annega salvati fatti fame chiedi l’elemosina dimentica la tua dignità la tua sopravvivenza è più importante Nessuno lascia casa sua se non quando essa diventa una voce sudaticcia Che ti mormora nell’orecchio Vattene, scappatene da me adesso non so cosa io sia diventata ma so che qualsiasi altro posto è più sicuro che qui.
Warsan Shire è una poetessa britannica di origine somala, nata in Kenia nel 1988. I suoi libri e le sue poesie hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali e sono diventati stendardi in difesa dei diritti degli immigrati. Warsan Shire parla di immigrazione da immigrata e da sempre nelle interviste esprime la volontà di dare voce a chi voce non ha, a chi viene imbavagliato da una retorica razzista che vuole dividere gli esseri umani per appagare la divorante fame di consensi popolari e potere.(Lo sbuffo)
"Una scatole di Caran d'Ache…. Perché mi hai fatto questo regalo? Perché oggi è il tuo compleanno. Non me lo ricordavo, è vero oggi compio nove anni. (….)
Dopo che è scesa il muro ha cominciato a parlarmi, voleva che disegnassi sopra qualcosa perché era tutto bianco e il bianco non era un colore per nulla divertente. Disegnami, dai, disegnami sopra, sono stufo di essere bianco. Mi aveva fatto fare una brutta cosa Delia si sarebbe arrabbiata? Mi avrebbe picchiato? Sarebbe diventata la strega vecchia e arcigna che pensavo fosse all’inizio? (……) Avrebbe chiamato la polizia? Ho preso la gomma e ho iniziato a cancellare. Peggio. Il colore si spandeva sull’intonaco in chiazze irregolari.
Delia. Mi scappa…. posso scendere? ‘Vieni giù alla svelta!`Ho sentito i suoi passi avvicinarsi e poi ho visto la botola aprirsi (….) `Però…un arcobaleno!! Forse è quello che ci voleva…ahahah….ci voleva proprio. Un arcobaleno! `
La mamma mi si è avvicinata sfiorandomi il bordo di un orecchio con il fiato. `Mi raccomando Michele, ricordati le regole. Nessuno deve sapere che sei qui. Nessuno, capito? Se non fai il bravo viene a prenderti il poliziotto.`
Michele e Nicole, i protagonisti di questo libro, sono due bambini che vivono due vite diverse. Michele è un bambino proibito, un clandestino, entrato in Svizzera stretto in mezzo alle valigie, dentro un bagagliaio di una Fiat 131, Nicole è una bambina che vive ad Airolo, nella Maison des roses, una casa adiacente alla soffitta dove vive rinchiuso Michele.
Il racconto, edito da Harper Collins, ha catturato il mio interesse perchè affronta un argomento fino a poco tempo fa e forse ancora oggi sconosciuto a molti: i bambini invisibili. Quei bambini che, a seguito di genitori con permessi stagionali, entravano in Svizzera. Il fenomeno che si è sviluppato a partire dagli anni 60 è emerso solo alla metà degli anni 90, quando è cambiata la legge. ros
Il racconto, edito da Harper Collins, ha catturato il mio interesse perchè affronta un argomento fino a poco tempo fa e forse ancora oggi sconosciuto a molti: i bambini invisibili. Quei bambini che, a seguito di genitori con permessi stagionali, entravano in Svizzera. Il fenomeno che si è sviluppato a partire dagli anni 60 è emerso solo alla metà degli anni 90, quando è cambiata la legge.
NOTA: `Fino al 1996 la legge elvetica, infatti, non permetteva agli stranieri che avevano un permesso di soggiorno stagionale di portare con sé i loro piccoli. I genitori li facevano entrare clandestinamente in Svizzera ma poi erano costretti a nasconderli in casa: centinaia di bambini italiani hanno trascorso la loro infanzia senza vedere la luce del sole, senza frequentare le scuole. Hanno vissuto come Anna Frank, con la paura che da un momento all’altro li avrebbero denunciati e allontanati per sempre dalla loro famiglia. L’alternativa era mandarli in questi orfanotrofi.’Redazione Sociale
Le prove della vita Se lungo il cammino della tua vita dovessi cadere, rialzati e ricomincia se tutto ti va storto e il buio ti assale, rasserenati e ricomincia, Non lasciare che il tuo cuore diventi arido, ricomincia ad amare. Non aver paura, lascia che l’amore scorra ancora nelle vene come il fiume verso il mare, come un gabbiano che stende le ali e si lascia trasportare dalle correnti. Non temere di essere ancora ferita, le tue ferite si rimargineranno al calore di un nuovo amore. Ricomincia, come la natura, che muore in inverno per poi ridestarsi a primavera, ridestati, non farti irritare dalle strade accidentate, ma assapora lentamente il tuo viaggio e ricomincia a vivere una nuova vita. ricomincia, Non lasciare che il tuo cuore diventi arido, ricomincia ad amare. Non aver paura, lascia che l’amore scorra ancora nelle vene come il fiume verso il mare, come un gabbiano che stende le ali e si lascia trasportare dalle correnti. Non temere di essere ancora ferita, le tue ferite si rimargineranno al calore di un nuovo amore. Ricomincia, come la natura, che muore in inverno per poi ridestarsi a primavera, ridestati, non farti irritare dalle strade accidentate, ma assapora lentamente il tuo viaggio e ricomincia a vivere una nuova vita.
Buon Natale a tutti gli Amici del blog. ros e Massimo.
(Presepio napoletano della Reggia di Caserta)
NATALE
Nu suono 'e zampogne saglieva d''e vvie,
spannenno pe ll'aria 'o sapore 'e nnucenza,
'a nonna metteve ddoie pigne ò vrasiere,
vulava p''a casa l'addore d''o ncienzo...
Suvero 'e legno, 'o nonno nchiuvava,
rocce, sagliute, 'a grotta, na scesa,
cu quanta pacienza 'a colla squagliava
pe farce 'o Presebbio: Quant'angele appise...
E nuje piccerille aspettavemo 'a festa,
che doce 'a nuvena vicino 'o camino...
nuvena 'e nu tiempo, sparute so' 'e suone,
che malincunia, so' mute 'e zampogne...
'E ccase so' fredde, ce manca 'o calore,
sta sempe appicciato nu televisore,
nzerrate int''e stanze, ognuno va' 'e pressa,
stracciato 'o ricordo d''a tombola e 'a Messa...
..............
Campana a ffesta, nasce 'o bammimo,
luce na stella, Natale addo' sta'...
vola penziero, cammina, cammina...
tuorne cu 'e suonne a tant'anne fa...
Questa è una lirica cosi' semplice che si spiega da se, pero' se vogliamo addentrarci in qualche considerazione allora c'è da scrivere.
Per chi come me ha visto la guerra subendola, sa' cosa era il Natale di una volta con le sue strette tradizioni tra il sacro edil profani, infatto le dominazioni spagnole di pagano ci hanno lasciato ancora un forte retaggio che con il sacro non ha nulla a che vedere, comunque la tradizione del presepe napoletano è unica nel mondo ed il più bello opera di grandissimi maestri è conservato nel museo di San Martino sulla Collina Vomerese e si tratta del Presepe napoletano, avente nel sacro anche tutti i mestieri dell'epoca raffigurati nelle varie esposizioni.Natale lo si aspettava per quell'atmosfera che vedeva riuniti una volta all'anno tutti i familiari e quando qualcuno mancava per altri impegni era tremendo e i piccoli vivevano questa atmosfera, davanti al braciere, davanti al camino, dove c'era sempre una pigna che ardeva profumando tutto l'ambiente d'incenso ed in genere, la sera della Vigilia si usava la cena del Cavalcanti, con molte portate ma semplicissima ma che divertiva e teneva legati tutti alla tavola aspettando la mezzanotte semmai giocando a tombola. Al riconrdo di queste cose semplici viene spontaneo il termine di paragone dell'era moderna dove tanti valori non esistono più ed il cinismo ha preso il sopravvento. Natale esiste ancora ma ha perso quella sacralità di una volta, sembra che sia una "routine" dell'anno e nulla più, e solo corsa ai regali ed al consumismo.
Cio' che ho detto in questa breve presentazione è detto in pochissimi versi nella lirica che apre il Blog e vado a postarvi la ricetta del Cavalcanti che i napoletani usavano preparare per la vigilia di Natale. Grazie a tutti coloro che interverranno. Grazie a Rosalba e Massimo, Bruno Zapparrata.
A te che mi seducevi con sorrisi
crespi di solitudine nel vespro.
A te che mi riempivi delle profondità
dei tuoi abissi.
A te che conducevi lo sguardo mio
nell’immensità della tua luce;
dedico questo scritto, per non
dimenticarti,
ora che vivo lontana dal tuo sguardo
azzurro.
Mi manca la tua luce che cerco di
barattare col blu del cielo
e il verde dei campi...
Dio come sei bello, mare!
Come sei perfetto nonostante le tue
rughe,
e le fossette porose disegnate dal
vento;
il destino delle tue onde
si arresta ai piedi delle rocce.
Gabbiani dominatori,
sulle sommità delle colline in
pietra,
adottano gli atteggiamenti di un
pensatore africano.
Mi piacerebbe viaggiare nella loro
anima,
per vivere anche soltanto un attimo,
il loro sguardo su di te.
Pescatori in cerca di solitudine,
assaporano la tua tranquillità
seduti sui tuoi marciapiedi,
tappeti di mosaici rocciosi…
Amo quei marciapiedi che
perpendicolari si slanciano verso il tuo infinito.
Mare, sei il solo viso che conosco,
la cui bellezza pare eterna,
che piova, faccia bello,
soffi il vento o l’aria non respiri,
sei sempre là,
vestito d’espressioni diverse
ed infinitamente seducente…
Che tu gioisca o no dei raggi solari
o lunari,
lo sguardo tuo resta,
terribilmente luminoso d’emozioni.
Incantata dai tuoi movimenti,
a ogni istante le tue onde si
spingono nel mio profondo,
ne sento l’odore ed il rumore e l’eco
dei tuoi passi,
come musica inedita,
vestiti di grazia in me si ripetono,
regalandomi l’eleganza di una danza,
di cui lo stile dimora indefinito.
Breve commento del poeta:
Sono molto affezionata a questa
poesia, la scrissi un po' di tempo fa, in seguito al trasferimento in una zona
di montagna. Ne soffrii tantissimo e in questa poesia riposi tutto l'amore che
nutrivo e nutro per il mare, quasi a volermi scusare con lui per averlo
abbandonato...
Nel suo genere, che è quello erotico, questa lirica è un congegno perfetto, un sogno inebriante è solipsistico, dove la poetessa identifica l'amato con il suo ideale d'amore e lo esalta attribuendogli le qualità gloriosa dell'onnipotenza:la luce, la giovinezza, l'immortalità("Sei l'alchimia che non si consuma") e infine la forza che scalda e distrugge. Divisa in due strofe, entrambe imperiose, la prima aperta da due interrogazioni rese retoriche dalle immediate risposte e la seconda imperativa e propositiva, auspica e prospetta l'archetipo del maschio guerriero e predatorio, dominante e tutorale. Il nono verso è un piccolo gioiello di misteriosa sensualità :"Lascia che il silenzio sia peccato", e il lungo verso conclusivo, enfatico e struggente, invoca l'assenza di ogni identità ("Chiamami perdizione e non dirmi mai il tuo nome") a tutela dell'integrità dei sensi. (Luciano Domenighini)
Ho Dipinto la Pace Avevo una scatola di colori brillanti, decisi, vivi. Avevo una scatola di colori, alcuni caldi, altri molto freddi. Non avevo il rosso per il sangue dei feriti. Non avevo il nero per il pianto degli orfani. Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti. Non avevo il giallo per la sabbia ardente, ma avevo l'arancio per la gioia della vita, e il verde per i germogli e i nidi, e il celeste dei chiari cieli splendenti, e il rosa per i sogni e il riposo. Mi sono seduta e ho dipinto la pace. Ieri mattina Massimo ha pubblicato un bellissimo post con una poesia di Gabriele D'Annunzio intitolata 'Resurrezione'(clicca per leggerla), i primi versi erano: 'Suono di campane voce che trasvola il mondo...' Ecco, il mio più grande desiderio sarebbe che questa voce arrivasse al cuore di tutta le gente del mondo (soprattutto a quello dei potenti) e li incoraggiasse ad una resurrezione di pace.
Laddove non c'è Pace non c'è Resurrezione e, aldilà di ogni retorica, solo il dialogo può far risorgere tutti in un mondo migliore. Ringrazio di cuore Rosalba Falzone e invito tutti a cliccare sul il link posto sotto il quadro per vederlo intero.
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