Poesie, Racconti e Musica d’autore

"Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle." (Charles Bukowski)

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sabato 1 agosto 2009

ODE AL DUEMILA di Mario Peverada

(Disegno di Rosalba Falzone)

PROLOGO
Dai pinnacoli e nelle nicchie
volti e ali di giovani popolani
sorprendono nell’ombra lo sguardo incerto del pellegrino.
Un flauto silente accompagna i suoi passi nel deserto.
È vana la speranza dei padri
di cullare con certezze
quel fanciullo che ora piange in te.
“Maestro, dove e come volgerò il mio passo?”
“ Anche se tu non hai piedi,
anche se tu non hai ali,
su un tappeto di porpora e d’oro
viaggia da te stesso in te stesso,
e sorella ti sia la Speranza,
la lingua antica sepolta tra i rovi della tua miseria,
l’allodola che si libra nella luce del giorno
dopo l’incubo di un risveglio che dice
l’angoscia del rischio”.

STANZA 1

Nella notte, intorno ai falò, tra i fiori e il grano,
là dove pascolano le anime,
le vesti variopinte sono memoria d’altri tempi:
una schiera di bimbi si rincorre,
monetine alla mano,
anelli ed orecchini di padri-padroni
adornano un ridere sgangherato di gemme e rubini.
E ai margini del prato,
tra i fili argentei che squadrano il tempio arcano
perennemente incompiuto,
il cavaliere solitario danza con grazia e voluttà
sospeso tra cielo e terra,
ed evoca le tre maliarde:
la Forza, per cambiare il possibile,
la Bellezza, per sentire su di sè
la luce che il fanciullo ha spento,
la Sapienza, per accogliere l’immutabile.
Sostano colà auto lussuose
come icone inghirlandate,
per rendere sacro il rito profano
di sposi-bambini avvinti in catena
sull’orlo di un precipizio:
Libertà.

STANZA 2

E la canicola rupestre
a ridosso dello zoccolo che ossessivo
morde la pietra del Pelio, Χείρων.
Neppure il tafano coglie i tuoi sensi.
Ma tu furtivo spii il sentiero
- il tempo si specchia nella salsedine della tua malinconia -
e cacciatore generoso balzi nei meandri della brughiera,
dove la fantasia vibra nel fuoco della ferita sacrificale
e gli spirti si danno il sesso e la forma che desiderano.
Il volto sublime fradicio di desiderio
riscopre la nostalgia degli affetti:
l’aspro sapore del pane tostato,
la carezza di una mano che nell’alba
lambisce il tuo manto stellato,
un’eco lontana: “Abbracciatevi, Fratelli!”

STANZA 3

Chi si affaccia laggiù tremante e canuto,
oppresso dal peso della Storia?
- Sei forse il chicco di grano…
o l’occhio vigile del lento caimano? -
Beato l’uomo, poiché non conosce la sua sorte!
La luna è scesa dal cielo e rapida come folgore
m’ha strappato a me stesso
e ora sono me stesso e la luna.
Voglio passare questa notte tra le braccia di Dio!
E con te, compagno della mia caverna,
io invoco pietà…
pietà per il millennio che si spegne…
pietà per i lager, per i genocidi,
per le vittime della fame…
pietà per chi non ha potuto aprirsi alla luce…
pietà per i niños de rua…
pietà per chi vaga alla ricerca di una patria,
di un lavoro, della propria dignità
smarrita, della Tua giustizia, Adonai!…
Adonai!…
Io chiedo la Luce!
- La Luce splende nelle tenebre
ma le tenebre non l’hanno accolta…-
…e spaurito guardo a te, Gerusalemme,
innalzando un vessillo:
Uguaglianza.

FINALE

Oh mio cuore logoro
in questo tempo logoro,
cavalca il drago inquieto del mattino, e la sera
tra i rami ricurvi del melo
sciogliti dalle pastoie della Comunicazione
- l’occhio immondo coatta il villaggio globale -
e tra il silenzio di ghiacci invisibili
in un giardino di aquilegia blu
sciogliti dalla logica del Mercato
- il minotauro ha nome Banca mondiale o Fondo internazionale?-
e comunica di nuovo il tuo sorriso, il tuo pianto, i tuoi sospiri,
nel tramonto di invisibili membra di sogno …
nella rugiada seducente e crudele dell’alba…
nell’arcobaleno che sorride della nascita del nuovo serpente.

Nel gennaio 1998, mentre ero in ospedale reduce da una serie incredibile di disavventure che avevano rischiato di uccidermi, un amico musicista,
probabilmente per spingermi a guardare al futuro, mi chiese di scrivere qualcosa sul Duemila che si stava avvicinando: un testo poetico per una cantata per soli, coro e orchestra.Così nacque “Ode al Duemila”, ma l’amico se ne guardò bene dal musicarla.
“Ode al Duemila” vuole essere un inno al Laicismo illuminista (Liberté, Egalité, Fraternité) ma anche al Cristianesimo, al Mito ma anche alla Storia.(Mario Peverada)

1 commento:

  1. con te, compagno della mia caverna,
    io invoco pietà…
    pietà per il millennio che si spegne…
    pietà per i lager, per i genocidi,
    per le vittime della fame…
    pietà per chi non ha potuto aprirsi alla luce…
    pietà per i niños de rua…
    pietà per chi vaga alla ricerca di una patria,
    di un lavoro, della propria dignità
    smarrita, della Tua giustizia, Adonai!…Ricorrono le parole pietà e libertà, in questo comlesso componimento di Mario, e il dolore misterico faaffanna gli uomini che non riescono a provare realmente pioetà, nè dolorè, nè ad assaporare la libertà, cui inneggiava Eluard,pieno di speranze...Tutto ancora da compiersi, tutto ancora da fare in questo nostro secolo arrogante e gelido

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