Le poesie di Karen Tognini trascinano il lettore in un mondo onirico spirituale. La sua testimonianza è emblematica: "Scrivere per me è come respirare la brezza dell'aurora ...le mie dita scorrono sulla tastiera in una danza di emozioni...così nascono le mie poesie ...ispirata dal paesaggio del mio mare ...delle mie montagne....dall'amore per la vita..."
Com'è giocondo
quest'oggi il cielo
macchiato
d'ali nere
e alzati
azzurri stornelli
da donne alla fonte
Com'è lindo il pensiero
di ricordi
bagnato
battuto
sciacquato
giustificato
E guardate
quell'alma dorata
mirate
osservate...
di baci è vestita
e danza la sera
oro librato
sognato
donato...
a te."
Ho scritto questi versi in una mattina splendente.... da poco avevo riacquistato la vista (anche se non perfettamente) dopo due interventi delicatissimi agli occhi.
Quel giorno alzando le persiane ed entrando la luce a fiotti, il mio cuore ha fatto un balzo: lucide gazze e snelle rondini tagliavano il cielo, ma il cielo tagliato non grondava sangue ma gioia: era felice delle sue macchie d'ali nere.E ascoltavo canti di donne e trilli di fanciulli, e il mio pensiero lo lavavo alla fonte e tutto diventava lindo, giustificato, purificato...E come anima amata il mio spirito si librava alto.E mi sentivo amica del creato: dei fiori, degli animali, degli amici, degli amanti, dei fanciulli, dei sofferenti, dei vecchi... a tutti questo mio dono.
Ti ho cercato ovunque stella nascosta del cielo rosa bianca senza spine, quando la notte sembrava cieca e la terra avida di fiori.
Ho seminato tutte le parole nelle zolle mute e raccolto il canto riflesso dei campi di grano.
Ti ho cercato ovunque, ma ovunque non era il luogo.
Eri sempre stato lì in quel liquido silenzio a straripare gli argini di un solo respiro.
In Te fluisco e muovo come un fiume che scorre nudo,
senza ritorno.
Questa poesia è un invito ad abbandonarsi all'Amore che dimora nel nostro essere, senza cercarlo al di fuori. Quando non si è consapevoli della nostra vera natura, ogni ricerca potrebbe rivelarsi vana o deludente. Solo attraverso la consapevolezza dell'Amore che vive in noi, possiamo dare e ricevere autentico Amore, abbandonandoci senza riserve al flusso della vita. Dedico questa poesia al mio amato che ha saputo riconoscere in me il fiume che scorre. Angela Verardo
Dov’eri, tu, quando perduto erravo
tra scogli e nubi
in riva a furibondo mare?
quando di pesanti passi
(rovinoso tuffo di bronzi in mare aperto)
in mare di terra scavavo
tracce tremanti?
A te pensavo e cieco a viandante
cieco e chino chiedevo
tuo nome
e di te e di tua ombra morivo.
Ora di nuovo qui sei
su erbosa collina
e qui disteso abbraccio
manto di luccicanti umidi fiori
e grato piango rispondo
a lento fruscio di ingelosito vento
e di fiori ricopro nudi tuoi fiori
e folli labbra incredule
lievi distendo su tuo respiro
succhio tua linfa
di tua vita vivo
piango tua gioia
mordo tue braccia
e annego
nell’ebbro colore degli occhi tuoi ridenti.
E il sole, vedi?, giunge ora a coprire
capo e spalle di noi felici amanti.
Ma tu, tu cavalca, amore,
cavalca tu di nuovo scalpitante cuore
e guarda gli occhi miei
su argenteo altare
di nuovo lieto luminoso giorno.
Gli amanti sono creature che si rincorrono per l'eternità. Vivono un altalena di eventi che si susseguono in maniera imprevedibile ed imprevista. Catturano i momenti opportuni per poi restare in simulata quiete ad attendere altre occasioni. Si perdono e si ritrovano ed ogni volta che sono insieme il sole torna a splendere sui loro capi. Gli amanti cavalcano l'amore come provetti cavalieri pronti a fermarsi quando si incontrano in segreto.
Figlia di nessuno sola nella notte giovane vita sfinita su un prato neve infuocata sui tuoi capelli rivoli di sangue bagnano i tuoi seni
Gorgheggi nella tarda sera di mille trame mai sentite di uomini senza rimpianti di soste di millenari affanni
Freschi ricordi di generose fiabe violata poi per sempre la tua innocenza teneri abbracci non conoscevi scevra ti accingevi al tuo carnefice
ruvide mani fendevano il tuo corpo lacrime amare solcavano il tuo volto muto allo scempio restava il tuo grido mentre corpi brutalmente infierivano
boia ti prego uccidi ... ... questa belva che distrugge
"Ho scritto questa poesia come sempre di getto dando sfogo a sensazioni recondite provate in modo "empatico" ... quei volti che apparivano nella mia mente con quelle espressioni di paura, sgomento, incredulità... erano evanescenti, sconosciuti... ma dopo, solo dopo ho riconosciuto in quei volti le "Sara" le "Yara", le "Melania", le "Elisa" e le tante altre giovani innocenti immolate sull'altare della violenza, colpevoli solo del fatto di essere "Donna"!
A volte qualcuno gli passa vicino
tentando una carezza alla spalla,
debole il suo respiro
affannoso nei giorni d’estate,
quando la calura gli molesta la gamba
quella lasciata sotto le lamiere contorte,
non ha più rabbia il suo pensiero
è soltanto un sorriso alla morte,
zittito il tempo
divelte i giorni azzannati
da uomini che giocano al ribasso. Il costo del lavoro da ridurre,
stringere la cinghia
è questo il ricatto
sussurrato dal capo
“O vieni in silenzio o vai!”
Ma la fame non ragiona
chiama senza voce
e in quel percorso tace.
Chi fermerà questa corsa esasperata
il salto implacabile dell’acrobata
sul filo sospeso della vita
sulla linea di confine,
in un giorno dove non era previsto
chi mai potrebbe prevedere
la fiamma intorno all’animale,
la corsa dell’uomo in avanti e indietro
tra le polveri lo schianto
l’urlo delle scintille
e grandi ombre
a ricoprire il corpo. Adesso sogna sirene del mare,
scende in strada a riveder le stelle
seduto sul ciglio
di una sedia a rotelle,
lampeggia un singhiozzo,
sirene nell’aria
strozzano la gola.
Vite distrutte, spezzate
da un urlo che morde e travolge la carne,
molti la chiamano fatalità
ma più spesso è mancanza di sicurezza
nei luoghi del pane.
“Il ricordo degli anni vissuti lavorando in fabbrica, mi ha spinto a scrivere questi versi, testimonianza di un passato ma anche di una realtà odierna di una situazione di assenza di sicurezza nei luoghi di lavoro, che ancora adesso è padrona figlia dei padroni. “ Pietro Vizzini
(Domenico Baccarini, Ritratto di donna Bitta. 1903 terracotta)
Comme si' bella cu sta fila mmiezo
e 'o blu e chist'uocchie ca s'appiccia nfronte,
cu ll'aria mesta e c''o sapore e cchiesia
vestuta 'e niro, pare na Madonna!
Guardannote me scenne chianu chiano
doce e sincera na malincunia,
me faie na cèra e nu surriso amaro,
mo si' sulo ricordo 'e pecundria...
Fuie n'attimo sperduto dint''o bbene,
palomma d'oro, me vasaie e vulaie,
forze nun ce spiegaime buono, è overo,
resta 'o fatto ca nun te scordo maie...
Che Croce quanno veco cadè 'e stelle
io ca 'e guardavo dinto a stuocchie belle,
d''a nustalgia ca m'arricorda 'a sera,
d''e suonne e d''o silenzio d''a muntagna...
Si parlassemo n'ora sulamente
te faciarria capì che d'è na pena,
felicità abbrusciata dint''a niente,
na paggina tignuta dinto 'o bbene!
Te guardo ancora e pare nu ritratto,
cu ll'aria scura comme ll'ombra 'e sera,
tiene 'a stess'aria 'e quanno te dicette,
si' na Madonna, na Madonna Nera...
Traduzione letterale e non poetica della Poersia di Bruno Zapparrata MADONNA NERA- Edizioni del Delfino 1986 SIAE 88488
Come sei bella con la fila in mezzo
e il blu degli occhi che si accende in fronte,
con l'aria mesta e con il sapore di chiesa,
vestita di nero sembri una Madonna.
Guardandoti mi prende piano piano
dolce e sincera la malinconia,
mi fai una guardata ed un sorriso amaro,
adesso sei solo ricordo di ipocondria.
Fu un attimo sperduto nel bene,
Farfalla d'oro, mi bacio' e volo',
forse non ci spiegammo bene, vero,
resta il fatto che non ti dimentico mai.
Che Croce quando vedo cadere le stelle,
io che le guardavo dentro gli occhi belli,
della nostalgia che mi riporta la sera,
dei sogni con il silenzio della montagna..
Se parlassimo un'ora solamente
ti farei comprendere cosa è la pena,
felicita' bruciata in un niente,
una pagina intinta nel bene....
Ti guardo ancora e sembri un ritratto,
con l'aria scura come ombra della sera,
hai la stessa aria di quando ti dissi,
sei una Madonna, una Madonna Nera.
Una poesia con tanti risvolti che possono appartenere a chiunque nato nella normalita' di un rapporto vissuto sotto i migliori auspici e non giunto a buon fine. Ecco i rimpianti, dei momenti indelebili e l'utopia di cio che sarebbe dovuto accadere e che poi non è mai accaduto. Questi sono percorsi di vita che qualcosa lasciano per tutta l'esistenza, quel certo risentimento interno e portano a fare delle altre scelte.Certo lo scritto puo' essere considerato molto personale in tanti passaggi ma resta sempre una pagina di passione come un fiore sciupato dal tempo. Grazie a tutti coloro/e che interverranno e alla carissima Rosalba che mi ospita in questo prestigioso Blog con tanto affetto.Bruno Zapparrata
Stasera in cesti di paglia donami cristalli dorati. Accendi i profumi di incensi ad indicarmi il sentiero. Ti cerco impossibile amore in luoghi nascosti da fiori, sotto piume d'airone rosate, dietro le cime innevate. Mai luogo sicuro e nascosto lo scandalo potrà custodire di un tenero bacio rubato sfiorando le dita tremanti. Stanotte per grande magia potremo bruciare il segreto. Ti troverò nel mio sogno che sogna di vivere il tuo. Ti prego non schiudere gli occhi durante il notturno cammino. I sogni si incontrano sempre finché vorrai avermi vicino
Amori maledetti o maledetti amori. Sono alcune delle definizioni che si danno a quelle storie in cui la morale, i pregiudizi, la religione o altro, rendono impossibile la relazione. In questi casi si vive come in una pentola a pressione. L'amore non può mai essere biasimato o condannato. Il suo contrario è l'odio, sarebbe come affermare che l'odio è migliore dell'amore. Però accade sovente che molti amori restano segregati in due anime tribolanti. I miei versi si ispirano a situazioni analoghe e spingono gli amanti a rivelarsi in maniera subliminale: incontrandosi nei sogni!
Finite le ferie e gli svaghi le abitudini si preparano ad imporsi per il resto dell'anno! Lasciamo quindi che anche l'abitudine domenicale di pubblicare la poesia nella nostra OASI ritorni trionfale. Vi ricordo il pensiero di Charles Bukowski che appare anche come didascalia all'immagine della copertina del blog: "Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle." Proviamo insieme ai nostri autori preferiti ad abituarci a vivere ciò che cogliamo nei versi dei nostri poeti preferiti. Appuntamento a domenica 4 settembre. A tutti buon rientro da Ros e Massimo
Sono una Fata, luminosa, eterea, evanescente. Sono una Fata, una Fata vera. Non faccio magie, non ho la bacchetta con la stella, non volo, sto con i piedi per terra. Sono una Fata, premurosa, dolce, a volte odiosa. Se le fai un regalo avvolto in carta pecorita, non le accetta, e chi lo fa lo aspetta. Sono una Fata, allegra, amata e spensierata. Non chiedo nulla, non desidero altro che il respiro, non voglio castelli ne brutti e ne belli. Sono una Fata, sognatrice, fantasiosa e concreta. Felice solo di respirare, di vedere la natura, e di guardare il mare. Sono una Fata.
Chi è la Fata? E' l'autrice che si identifica in essa per esprimere giocosamente la sua personalità. Il dipinto sarà in mostra sino al 6 agosto nella Zanon Gallery Via di Tor di Nona, 45 Roma. Rosalba Falzone
Giunse mutevole allo sguardo degli astanti l’accesa fiamma labile carezza evanescente che sfiorava la mente. Ebbi fermento, giocose forme d’acqua al tocco della luce apparivano festose da quel sipario mobile recitavano scintille versi di un poetare fluido assumevano sembianze di corpi filamentosi urlando rabbia repressa si dileguavano nel profondo. Vennero in superficie lacrime di alghe verdi capelli danzanti ondeggiavano al cospetto di rugose pietre, qualcuno dall’altra parte rimase silenzioso ad ascoltare il palpito delle parole andate. Ed ebbi pensieri statici circoscritti all’imbrunire, forme chiassose del mare quietavano il loro impeto su strade baciate dal vento, gettavano reti due pescatori a largo trama rossastra sospesa nel fondo attendeva la preda prigioniera d’argento, tirava un sospiro l’uomo al timone fissava l’orizzonte schiaffeggiato dal mare. I miei occhi al cielo di ponente mi portavano alla deriva, nuvole alte davano forma alla mia anima.
"Il mare è una forma avvolgente, un’onda che trascina alla deriva sospiri e lacrime, un riflesso di luce che assume sembianze di pensieri in fermento, dove poter baciare le nuvole, che navigano il cuore, abbraccio azzurro dell’anima. Pietro Vizzini"
A volte... dove finiscono i sogni... c'è una spiaggia deserta per riflettere per ritrovare se stessi e d'un tratto scorgi una porta che prima non c'era che non avevi visto il destino aspetta che bussi o che apra che abbia la forza di stringer la mano ch'oltre quella porta attende la tua per condurti in altri sogni più maturi più consapevoli di una vita più vera alla ricerca di un solo lampo di felicità.
Questa poesia nasce da una riflessione in merito ai momenti di difficoltà, quando si è costretti a scendere dal treno e ci si sente disorientati, quando si perde la bussola del proprio percorso o finiscono i sogni, spesso infranti, e ci si ferma, in attesa di capire il perché e quale sarà la nuova direzione; si scopre poi, inaspettatamente, che il destino propone nuovi treni, nuove occasioni, nuovi incontri e con un po' di coraggio e fiducia si può stringerne la mano per riprendere il viaggio verso la felicità...Ivan Vidori
Scrivero' della tua anima e di come la mia si è intrecciata alla tua in fili di luce
scriverò di questa strana vita di come tutto sembra non mutare ma come tutto in vortici emotivi cambia
Cambia la luna non sempre è piena
cambiano i giorni non sempre brillan di sole
cambia la notte in citta' non esistono stelle
cambia una rosa non sempre è primavera
ma non cambiera' mai la mia anima
è sole...stelle....luna piena rosa perenne
dove tutto resta immobile
Come un eterno amore
Questa poesia è stata pubblicata recentemente in un'antologia "Canto di Maggio"....e' l'anima che parla per me...in trasparenza di luce trasmette le mie emozioni...il mio sentire...Come un eterno Amore.....KAREN TOGNINI
Piove. Un lampo spacca il cielo nero.
E lontano sento la protesta di un tuono.
Scappa la gente in strada per cercare un riparo.
“Che acqua!” si lamenta qualcuno.
E intanto si ripara sotto un portone.
Guardo fuori dalla finestra e mi domando
Se tutta quest’acqua può lavare questo mondo
Che è pieno di infamità e dolore.
No, non può bastare a cancellare la paura,
se hai visto un bambino morire sotto una pietra.
Quant’acqua ci vorrebbe per lavare sangue e guerre,
per cancellare i peccati di un pazzo,
di una mamma, di un figlio,
di chi ha tolto la vita
a chi chiamava amore.
Una lacrime scende dai miei occhi.
No, questa non è acqua, non serve per lavare.
Queste sono le lacrime di tutto il mondo intero,
che non riesce a trovare pace.
Piove! Il cielo piange ed io?
Io piango con lui…
clicca QUI per leggere tutte le poesie di Annamaria Marconicchio presenti in questo blog
Scritta poco dopo il crollo della scuola di San Giuliano, questa poesia vuole sottolineare le brutture del mondo negli ultimi anni: madri che uccidono i figli, figli che tolgono la vita ai genitori, giovani donne assassinate dai propri fidanzati… E poi, le guerre che incalzano e distruggono intere città; attentati di pazzi che uccidono poveri innocenti… Il mondo sembra non trovar pace e tutti viviamo la frenetica corsa della vita, quasi non accorgendoci più di quanto ci accade intorno, quasi la tragedia fosse diventata un normale momento della vita stessa. E allora, leggendo questi versi, fermiamoci un attimo e rendiamoci conto della realtà in cui stiamo affondando. Se proveremo un momento di commozione, significa che siamo ancora vivi e forse possiamo ancora fare qualcosa… Annamaria Marconicchio.
C'era una porta in fondo all'abisso, i battenti schiusi a mostrare dietro infinita luce.
Sono scesa fino all'ultimo dei gradini dove la signora dell'attesa restituisce sempre ai viandanti tutta la voce.
Tu forse non sai d'aver pianto il tempo delle corde tese rimaste a tirare la pelle dell'anima, ingannando il flusso d'eterna pace.
Ti ho reso la libertà d'amare trasparente senza spada né giudizio oppure di ritornare a morte felice nella torbida pece.
Lo sai che era il tempo, ed ora tutto tace.
Questa poesia fa parte di una tappa del mio percorso di vita, una evoluzione personale ancora in itinere, orientata verso il benessere e la pace interiore. Questa lirica, ermetica e ricca di metafore, parla di una discesa verso le profondità dell'Anima, dove qualcosa o qualcuno può essere rimasto intrappolato. E' un processo di purificazione del concetto di Amore, restituendo a quel qualcosa o a quel qualcuno, la libertà di andare o rimanere, senza bisogni, aspettative e pretese di possesso. Una volta aperte le porte, rimane il silenzio, ma nella sua connotazione positiva di pace. Angela Verardo
Sera ca nun me tiene compagnia, me chiamme a' uno a' uno sti ricorde, felicita' nun tuorne cu 'a poesia, na musica 'e chitarra,ncoppa 'e ccorde... Stelle ca nun se contano p''o cielo, arena nfosa e 'a varca a cunnulia', funtana argiento me cantava ammore, e 'o cielo...accumminciava a suspira'... Ogge so' arravugliato d''e ricorde, e' ll'ombra, è 'o tiempo ca pazzèa cu mme, nun ce sta niente 'a fa', nun me ne scordo, e io chiano, soffro e penso sulo a te! Passa na vita, passano 'e mumente, passa stu tiempo ca nun puo' ferma', catene ca t'astregnono 'e ricorde, ricorde 'e tiempo ca nun turnarrà...
Traduzione Letterale di SERA a cura di Bruno Zapparrata
Sera che non mi tieni compagnia, mi chiami ad uno ad uno questi ricordi, felicita' non torni con la poesia, una musica di chitarra sulle corde... Stelle che non si contano per il cielo, sabbia bagnata e le barche a cullarsi, fontana d'argento mi cantava amore, e il cielo incominciava a sospirare... Oggi che sono avvolto dai ricordi, è l'ombra, è il tempo che scherza con me, ma non c'è nulla da fare, non me ne dimentico, e piano soffro e penso solo a te. Passa una vita, passano i momenti, passa il tempo che non puoi fermare, catene che ti stringono ai ricordi, ricordi di un tempo che non tornerà...
Questa poesia ha poco da chiedere di commento, si spiega benissimo da sola..E' una delle tante sere napoletane che tengono compagnia in solitudine ad un'anima sola, il rimurginare dei ricordi di un tempo che fu, senza rimpiangere troppo il passato consapevole che il tempo non lo si puo' fermare e che non puoi cancellare, se pur volendo i ricordi, perchè le catene ti saldano ai ricordi ma si conosce che il tempo non potra' ritornare,BZ.
Seduto sul bordo di un antico marciapiede strappo petali di rosa. Schiaccio sotto le scarpe i nudi steli ancora carichi di spine. Non m'importava della verità, eppur il fato il volto le ha scoperto. A me hai inviato l'affettuoso testo di un altrui messaggio. Ci vuole un cinico coraggio a spezzare il mio trasporto. Ormai per te son morto.
La moderna tecnologia fa il bello e cattivo tempo nei rapporti di coppia. Se è vero che il telefonino cellulare favorisce le relazioni permettendo di dialogare a distanza verbalmente o via SMS, è vero anche che permette di svelare le tresche segrete che possono insidiare anche le relazioni più salde. Ho voluto immedesimarmi in una situazione che idealmente esprime il dolore che questi eventi possono causare. Massimo Imperato
Tempo, assoluto, fugace, impiegato di Colui che è, sei vero padrone di questo mondo.
Nascita e morte, a te chiedon permesso per divenire.
Esisti per conceder ragione all'una o all'altra, senza regole di meriti.
Nel tuo da fare irrefrenabile, lucidi e mostri, fiero alla storia, i destini che meglio hai forgiato.
La fretta e lo splendore, ti han sempre infastidito, cosicchè castighi tutti coloro, che in questo non ti rispettano.
In te, con cura, osservandomi, ho ben compreso ciò, ed ora, come mantide, che dopo amplesso non ha futuro, ti rispetto e assecondo, mentre, pian piano, mi divori.
Prima poi, bene male, come una salita discesa, domanda risposta, azione reazione, la mia mente rimbecillita trottola. Oh miseri noi, precipitati in questo mondo finito, ai quali non resta che avvertire e anelare altrove, il nostro bisogno di infinità. Filippo Pio
G. Ciccia - 2008 - Riflesso dell'anima - tec mista su carta - cm 35x27
Da uno spiraglio ho contemplato timorosa prima di varcare soglia, volevo scrutare nell’intimo mio.
Di fronte a me piccola anima, fragile, sguarnita. Fiore dai petali in ombra Racchiusa in fredda conchiglia, Su di lei la mia carezza ha ordito sollievo.
Ho teso la mano, all’anima mia, su di lei ho posato lo sguardo con leggerezza di piuma, ho confermato scudo battendo ciglia.
Più tenace ho ravvisato la mia anima, l’ho stretta al cuore. La terrò sempre con me per non smarrirsi tra deserti e maree.
Quando ho scritto questi versi, ho avvertito un forte bisogno di proteggere il mio intimo, proteggerlo da tutto ciò che accade attorno e che giunge alla nostra anima come un qualcosa che addolora. Parlo della mia anima, come fosse un piccolo essere, che trattengo tra le mani e consolo, poiché nella fragilità in cui mi appare potrebbe essere offesa, calpestata. Per la sua fragilità , la difenderò da ogni triste evento.
Auguro a tutti una felice giornata e ringrazio per l'attenzione che mi prestate. Grazia
Quasi senza suola laceri sandali di cuoio trascinavano i miei passi, sterpaglie frusciavano spari e fiamme, era laggiù la mia casa tra cumuli di pietre e paglia all’ombra del canneto. Fuggiva lacerata la mia anima dai latrati di bombe, nelle mie tasche vuote briciole di terra senza erba, agrodolce primavera brulla. Cantilena di sabbia e luna, Samira, pelle di sole mettevi le ali sopra il mare, il tuo sorriso dolce disperato sul barcone. Credevo di morire tra i miei deliri travolto dalle lunghe ombre di corrose braccia. Come aquilone risaliva sospeso il respiro, brusio lontano pezza velata di rosso per indossare nuova terra. Eravamo cumuli di uomini con sacchi leggeri, spaghi consumati legavano ferite che mai guariranno. Cercavo l’alba dietro le facce affamate dei miei fratelli ma ho visto solo cotoni bruciati. Crepuscolo di rame, volavano basse le ombre, un pò più avanti nella cantilena delle onde eravamo liberi nella nebbia.
Ti scrivo, Padre Che mi consegnasti La tua anima candida Racchiusa in un’idea Me la offristi così Semplicemente, Con un sorriso lieve Ed io la feci mia Inconsapevolmente Ma con muta fierezza. Mi parlavi dolcemente I tuoi occhi rassicuranti Traghettavano bellezza Sulle rive del mio cuore Che sperduto si dibatteva Per farsi largo Tra i rovi pungenti Nei sentieri della vita Ed io, plasmata A tua immagine Ho raccolto a piene mani I frutti della tua stagione Li ho riposti nelle vene Dove scorrono generosi. Ti scrivo, Padre Per congedarti Ancorché alla tua anima Non ho mai detto addio E le mie lacrime Non ho ancora versato. Ti scrivo, Padre Che non afferrasti Il bagliore di sofferenza Che albergava nei miei occhi Che ti rendesti complice Di un delitto d’amore Che ancora oggi Amaramente Piango.
Mio padre è stato per me esempio e guida di grande valore; purtroppo però è stato anche muto testimone della mia grande sofferenza di bambina, creando così in me un’ambivalenza nei suoi confronti. Da questa sofferenza è nata la poesia.
Un sentito ringraziamento allo staff del blog, e in modo particolare alla mia nuova amica Grazia Finocchiaro, che ha dato fiducia alla mia umile penna. Fiammetta Campione
Immobile sulla riva osservo lo scorrere del tempo anelo all'altra sponda come foglia d'autunno anela al vento. Sazia d' ambascie e di scavare nell'umano ordito vorrei librarmi in volo ombra di luce lassù nell'infinito. Su cocci aguzzi lungamente ho ferito i miei passi tergendomi da sola le ferite e sognando paterni caldi, abbracci. Piange una bimba nascosta nel cuore ricuce i traumi di un grande, insopprimibile dolore, quasi mi schianta la vorrei cullare quando quel pianto parvemi, riudire!... Ma resto inerme e non so più che fare come può l'onda cullare se stessa e il mare?
Ci sono dei momenti nei quali sembra di non avere più nulla da scoprire, dopo avere scavato nel nostro " IO" più profondo alla ricerca della stessa essenza della vita, quasi si prova un inconscio, ma palpabile, desiderio di andare oltre... dove da scoprire c'è ancora tanto... tutto.... Un grazie di cuore a Grazia e un buongiorno a tutto lo staff di questa oasi di poesia. Marta Alberti
Ti ho incontrata prima di cercarti dissolta nei profumi di fiori delicati, negli sguardi ingenui di giovani braccianti. Seduta sulle note soffiate da usignoli, in bilico sui fili tesi delle mie abitudini. Ti ho incontrata prima di cercarti quando ancor acerbo voluttà faceva capolino, nel primo turbamento del cuore di bambino. All'ombra di un tramonto scrutato da lontano. Nel freddo solitario di un singolo giaciglio. Ti ho incontrata prima di cercarti. Ora che sei padrona di tutti i miei momenti, ti cerco senza tregua prima di incontrarti.
Fin da bambino i miei pensieri cercavano invano la donna della mia vita. Si delineava un'immagine eterea, quasi invisibile. Addirittura ho frequentato un amico non vedente per capire come percepire qualcosa di invisibile. Ho allora imparato ad osservare le emozioni. Talmente ho idealizzato le mie emozioni che ho creduto di trovare la donna giusta cercandola e scegliendola tra tanti. Ma ho sbagliato inesorabilmente. Quando mi sono armonizzato con le energie circostanti, nel momento peggiore della mia vita, quelle antiche sensazioni si sono magicamente materializzate. Dedicata alla donna che ho sempre desiderato e poi ho trovato: mia moglie. Massimo Imperato
E cammino e cammino senza sapere dove andare le mani in tasca il passo lento come bussola solo il vento. E lampioni in confusione di donne di ogni nazione le gambe spoglie ad aspettare clienti da soddisfare. Sotto la terra bruciata da promiscuo sesso il cielo urla per la bimba stuprata o per la donna violentata. E cammino e cammino oltre la vita oscura del destino finiscono le figure in un fluire di musiche stonate di tasche vuote d’avventura. Là dove il porto mi conduce non c’è bisogno di luce una taverna una panchina dentro la faccia della terra si giocano a carte e bicchieri di vino, sia le mutande che il proprio sesso. E cammino e cammino Selvaggio vento di maestrale riporta l’eco del vicino e lo trasforma in temporale. Piange una donna e il suo bambino senza giaciglio a scaldare la fredda notte da sbarcare. Con cinque soldi che ci può fare? come riuscire a campare? Sente l’odore che vien dal mare E allora aspetta un pescatore che la riscaldi anche sul ponte che sa di sale come la mareggiata del cuore. E cammino e cammino Io vagabondo senza timone Le mani in tasca Il bavero sollevato senza sapere dove andare.
Questa poesia è figlia dell'aurora. Nasce come testo musicale. Di solito per andare e tornare dalla città (Cagliari) devo passare lungo un viale dove ragazze di ogni nazione sostano seminude a cielo aperto e nei freddi giorni d'inverno qualcuna sosta accanto ad un fuocherello rimediato con sterpaglie dei bordi della strada. Nel vedere tanta carne fresca al macello, molte volte mi sono messa in discussione. Ho sempre provato tenerezza nei loro confronti. Così la domanda nasce spontanea, per scelta o costrizione?...donne di serie "c" ? Ringrazio tutto lo staff di questo blog, che mi ha offerto la possibilità di farne parte. Marinella Fois
Sta' sempe na muntagna ca 'o mare t'annasconne, e quanta, quanta lune hanno sfrunnato 'e suonne... Perle 'e mimose a ll'aria, nfos''e sole, cantano 'a primmavera e na campana sceta d''o suonno 'e vierno 'e primme viole, sotto 'o mutivo argiento 'e na funtana... 'E penziere secutano 'e penziere straccianno 'a cielo lampe 'e libbertà, s'è fatta gialla l'acqua int''o bicchiere, 'o calannario è fronna, vola e va'... veco luntano 'o mare... non saccio che d'è 'o cielo.... Terra int''a terra e lacreme fernute, libbro d''a vita...pagine ngiallute.
VOLA E VA'... di Bruno Zapparrata Ed.2000 1991- Siae 88488
Traduzione letterale e non poetica della poesia in lingua napoletana VOLA E VA' di Bruno Zapparrata
C'è sempre una montagna che il mare ti nasconde... E quante quante lune hanno sfrondato i sogni... Perle di mimose, all'aria, bagnate di sole, cantano la primavera e una campana sveglia dal sonno invernale le prime viole sotto l'argenteo motivo di una fontana... I pensieri rincorrono i pensieri, stracciando dal cielo lampi di libertà, si è fatta gialla l'acqua nel bicchiere, il calendario è foglia, vola e va'... Vedo lontano il mare... non so' cosa è il cielo... Terra nella terra e lacrime finite, libro della vita, ... pagine ingiallite...
clicca QUI per leggere tutte le poesie di Bruno Zapparrata presenti in questo blog
I ricordi d’infanzia perduta di coccole profuse e soffuse di pochi baci dati e rubati
ricordi di bimba “vispa”, allegra un’allegria apparente, sofferta gaiezza non gaia, festosa
sofferenza interiore, fatta di parole, domande impertinenti senza sorriso, non risposte, cenni
ricordi di una vita scorrevole d’affetto, rispetto, poco diletto studio intenso e positivo
ricordi di una casa avita impresso ancor il profumo di te Mamma, che amavi le violette
ti dilettavi a far uncinetto che cantavi con la voce garrula uccell ingabbiato per la vita
stereotipata, affaticata ricordi di tanta tenerezza nel cuor, reso arido da solitudo
scarso riscontro, unico conforto la poesia… quando non viene mortificata in versi, in metrica, assonanza!
I ricordi affiorano sempre, quelli di infanzia ed adolescenza sono tornati alla memoria, tornando alla casa avita, dove avverto come per incanto, tutti i baci che ho elargito ai genitori e ricevuto, e dove sento nell'aria il profumo preferito della mamma, quello di violette. Ringrazio Grazia e tutto lo staff di questo blog che mi ospita. Rosa Linda Cassese
(Dipinto:Claude Monet - Camille Monet con bambino (1875)
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