S'abbassa il sipario. Incompiuta tragedia tace. Teatranti strascicano passi... umanizzati, chiudono scena. Domani altra farsa, atto dovuto. Domina severa notte su folli giri di giostre giochi di vita su ali di morte. Non ti illudano le tenebre e l'ombre non ti streghino... Tutto passa e luce fu.
La mia poesia "Altra farsa" è uno sguardo al palcoscenico della nostra vita, dove ci muoviamo, soffriamo, amiamo nella nostra 'commedia umana'
Alla sera della nostra vita come teatranti stanchi abbandoniamo lentamente "strascicando il passo" la scena che abbiamo calcato... Spesso abbiamo giocato da incoscienti con la vita come adolescenti su montagne russe o ubriachi di notti folli...
E non è teatro la nostra vita personale, ma anche quella collettiva, sociale, politica... dove marionette ci lasciamo illudere dalle tenebre e dalle ombre. Noi giochiamo come infanti innocenti e danziamo l'amore, e pugniamo con le ideologie e il pensiero e chi riteniamo ci sia nemico... siamo tragiche maschere che senza accorgerci corriamo incontro al buio, alla fine...
Ma tutto passa, domani altri teatranti prenderanno il nostro posto e i giri di giostra continuano...
Oggi ricorre l'anniversario della scomparsa di Alda Merini, la grande poetessa che ha lasciato in ognuno di noi un ricordo indelebile. Noi, in questa Oasi, desideriamo ricordarla e omaggiarla con questa sua tenerissima poesia. Grazie Alda per tutto ciò che ci hai regalato.
Bambino di Alda Merini
Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati e tua madre diventerà una pianta che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe che portino la pace ovunque e l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere guardati nell'acqua del sentimento.
Insegnare ai bambini a scrivere con gli occhi rivolti ai sentimenti, istruirli a inseguire la fantasia come fosse un aquilone, proteggerli con le foglie di una pianta in un giardino incantato, tutto questo e molto di più si coglie in questa meravigliosa opera di Alda Merini. I bambini sono esseri da proteggere e presenvare, esseri indifesi a cui insegnare una vita migliore, priva di egocentrismo e avidità.ros
Sulla terra torbida dove nuovo non splende forza trarremo un giorno da debolezza ignara e ai colori che piovono dalla fontana del cielo ristoreremo gli occhi e il rombo del dolore e il pianto cupo piombo saranno e pietre. Sgretoleremo mani assassine e lanceremo le briciole nel fuoco e sapore amaro non avrà più il cielo né folli danze senza meta né orde di parole senza senso né cronache perverse di speranze perse. Nuvole giocose in corsa in cielo battibeccando solleveranno polvere d’acqua e di sole sopra il mare disteso.
Tutto cambia nel tempo, tutto si rivolge. Anche i tiranni, prima o poi, cadono. Purtroppo, il male è profondamente ostinato e tenace: torna puntualmente con un vestito e un nome nuovi. E guerre e fame urlano dolore e rabbia negli esseri umani. E’ il Sogno (gli ideali) che ci dà forza. Il sogno rappresenta un’energia possente, in grado di trasformare tutto, coinvolgendo tutti. A fare la storia sono, infatti, i grandi sognatori , che spesso sacrificano la propria vita: non i vili, non i rassegnati, non coloro che si limitano a prendere atto e, prendendo atto di una realtà (per altri) insopportabile, tacciono, nel loro oscuro pessimismo. E’ da queste riflessioni che nascono questi versi. Gabriele Prignano
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi- questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. I tuoi occhi saranno una vana parola un grido taciuto, un silenzio. Così li vedi ogni mattina quando su te sola ti pieghi nello specchio. O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti.
Mattina fatata o nuova angoscia guantata, scorrono isteriche immagini tra manopole e bottoni d’indemoniato vigore, scarnificano vite come arcieri precisi, bruciano famiglie, ne affamano le figlie. La seduta distante non basta al questuante, corrono audaci le figure fermato dall’istinto, premiate in qualche istante. Ombre tetre susseguono caparbie in orologi mai sganciati, in fatiche quotidiane alternate a semplici tracce d’uomo… Il senso della vita fluisce altero nella società malata, vestita di moda e disperazione, vissuta malata sotto il giogo d’uno stato minore.
In Bottoms & Joysticks tratto un tema terribile e quasi dimenticato: la dipendenza dal gioco e dai Video Poker. Questa poesia parla del vizio e del male che causano le “malefiche macchinette” (ormai dentro ogni bar – non solo nelle sale giochi e casinò), racconta di famiglie ridotte sul lastrico e di “figlie affamate”, di manopole e bottoni scoperte per caso, guardando un amico che giocava per passare 10 minuti… Parlano tuttavia anche di uomini e donne (ma attenzione… anche di donne!) che abbandonano la realtà per inseguire un sogno che sa di diabolico, che emana un profumo estatico (come una dose di stupefacenti) e che tuttavia non ricorda bene la figura che manovra i fili di questa ennesima disgustosa vicenda: uno Stato minore (che nella poesia è presentato volutamente in “minuscolo”). Viviamo in un assurdo contesto dove noi, cioè la Società - attraverso i suoi/nostri esponenti dirigenziali - si comporta come il peggiore degli usurai, una “specie” di biscazziere privilegiato e autorizzato senza ritegno o pudore, pronto a distruggere le persone in onore del semplice profitto.
Pronuncio il tuo nome nelle notte buie, quando gli astri vanno a bere alla luna e dormono gli alberi delle foreste cupe. Ed io mi sento vuoto di passione e di musica. Orologio impazzito che canta morte ore antiche.
Pronuncio il tuo nome e in questa notte buia, il tuo nome suona più lontano che mai. Più lontano delle stelle, più dolente della spiaggia quieta.
Ancora ti amerò come allora? Quale colpa ha il mio cuore? Se si alza la nebbia quale nuova passione m'attende? Sarà tranquilla e pura? Potessero le mie mani sfogliare la luna!
I ragazzi che si amano si baciano in piedi Contro le porte della notte E i passanti che passano li segnano a dito Ma i ragazzi che si amano Non ci sono per nessuno Ed è la loro ombra soltanto Che trema nella notte Stimolando la rabbia dei passanti La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno Essi sono altrove molto più lontano della notte Molto più in alto del giorno Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
Io stanotte pazzianno cu 'e stelle, quanno cadòno e affonnano a mmare, sento addore d''e sciure cchiù belle, mentre ll'acqua nu specchio me pare... Palummelle ca pittano ncielo, nu Rusario 'e lampare luntane, nnanza a ll'uocchie se stenne nu velo, na chitarra mi chiagne p''e mane... Sulitaria st' arena e 'a canzona, sta cantanno 'o culore curvino, sta chitarra ca chiagne e ca sona, pe dduje uocchie ca sento vicino... Nonna nonna a sti stelle curvine, sta canzona pe ll'aria cammina, resta nterra na rosa cu 'e suonne ca se sperdono mmiezo a chest'onne...
Traduzione letteradi di IO STANOTTE...di Bruno Zapparrata Ed.2000...1992
Io stanotte, scherzando con le stelle, quando cadono e si tuffano a mmare, sento il profumo dei fiori più belli, mentre l'acqua uno specchio mi pare... Piccole farfalle dipingono in cielo, un Rosario di lampare lontane, davanti agli occhi si stende un velo, una chitarra piange tra le mani... Solitaria è la spiaggia e la canzone sta cantando il colore corvino, tu chitarra che piangi col suono per due occhi che sento vicino... Nonna nonna a queste stelle corvine, la canzone per ll'aria cammina, resta a terra una rosa coi sogni che si perdono tra il rollìo delle onde...
Bruno Zapparrata
Questa è una sensazione ed un pensare durante una delle passeggiate serali che da solo amavo fare dopo cena sulla battigia del mare, dove ti tiene compagnia solo l' andirivieni delle onde...Momenti di pace, di tranquillita' e di riordino delle idee...dalle realizzate e quelle irrealizzabili, a quelle che potevi e non sono state e a quelle che non volevi e che invece sono state e allora si pensa, si pensa seduto a volte su di una delle code del pattino che strazione a riva in attimi che nessuno disincanta.
Abiti luridi sparsi nel profumato bosco felci e finocchi selvatici.
Sul muschio le nostre impronte.
Le betulle origliano spiati sospiri sconosciuti ronzio di parole sul verde mantello.
La carne odora di fango.
Si aggirano ombre cinesi volteggiano le mani fugaci fronde muovono accese fantasie ed il suono del vento vive.
Schiene stanche poggiate sul manto erboso trasudano ore che fuggono.
Foglie lanceolate senza pudore tracciano le linee del piacere.
Al tramonto la luce cattura volti distesi noi viticci dormienti lietezza consumata passione.
Sfuggire dalla normalità e farsi catturare dalla forza e bellezza della natura. Per gli amanti, spogliarsi e fondersi mentre lentamente gli alberi cominciano ad infittirsi, diventa uno spazio intimo, nel quale abbandonarsi ai sensi e alla fantasia. La natura, un luogo mistico in cui l'anima può dare sfogo alle proprie emozioni. Palpita la vita nell'accavallarsi dei corpi, in un groviglio di linee e colori. Il respiro, vibrante canto nell'aria, richiamo di una sensualità pura.(Daniela Fenoaltea)
Nuda sei semplice come una delle tue mani, liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente, hai linee di luna, strade di mela, nuda sei sottile come il grano nudo.
Nuda sei azzurra come la notte a Cuba, hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli, nuda sei enorme e gialla come l'estate in una chiesa d'oro.
Nuda sei piccola come una delle tue unghie, curva, sottile, rosea finché nasce il giorno e t'addentri nel sotterraneo del mondo.
Come in una lunga galleria di vestiti e di lavori: la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia e di nuovo torna a essere una mano nuda.
La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell'aldilà. Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che messo contro il muro, ad esempio, le mani legate o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali, tu muoia affinché vivano gli altri uomini gli uomini di cui non conoscerai la faccia, e morrai sapendo che nulla è più bello, più povero della vita.
Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte, pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia.
Musica pura: etnica o mediterranea e non mewage come ci vuole far credere il realizzatore di questo video. Non lo dico io che sono ignorante in materia ma Mario Donatiello, musicista nonché collaboratore attivo di questo blog, che me lo ha consigliato. Mario devo ringraziarti di cuore, ogni tuo suggerimento musicale, come per magia, si armonizza col tutto.
Fisso inebetita lo scorrere vaporoso e titubante del giorno
Guardo nel mezzo sonno, le ombre dei miei sogni fare a botte
Sorpresa. di ritrovare, dopo tanto dolore, la lava tatuata nella mia anima, urlare di passione
Allora VOLO, spacco a calci il tempo perduto non sono sgomenta, sono io che torno, quella che credevo ormai sparpaglia come cenere nel tempo.
Questi versi sono il mio rabbioso urlo ad una situazione di stallo in cui era calata la mia anima ,che distratta dalla realtà quotidiana ,da dolori che ognuno di noi purtroppo è costretto a vivere a tratti nel corso della vita.......realtà che ti cambia ma solo per un attimo perchè appena riesci a rialzarti ecco che riappari nel tuo essere ed ecco il volo di nuovo verso la vita verso quella che eri..........io faccio fatica a commentare ciò che scarabocchio,perchè scrivo d'istinto e in determinati momenti. A.Fulgione
Nella Torre il silenzio era già alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste. Là in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia; che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi. Con su la greppia un gomito, da essa era mia madre; e le dicea sommessa: « O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto; il primo d’otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non tocco’ mai briglie. Tu che ti senti ai fianchi l’uragano, tu dai retta alla sua piccola mano. Tu c’hai nel cuore la marina brulla, tu dai retta alla sua voce fanciulla». La cavalla volgea la scarna testa verso mia madre, che dicea più mesta: « O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l’amavi forte! Con lui c’eri tu sola e la sua morte O nata in selve tra l’ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perché facesse in pace l’agonia . . . » La scarna lunga testa era daccanto al dolce viso di mia madre in pianto. «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; oh! due parole egli dove’ pur dire! E tu capisci, ma non sai ridire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe, con dentro gli occhi il fuoco delle vampe, con negli orecchi l’eco degli scoppi, seguitasti la via tra gli alti pioppi: lo riportavi tra il morir del sole, perché udissimo noi le sue parole». Stava attenta la lunga testa fiera. Mia madre l’abbraccio’ su la criniera. « O cavallina, cavallina storna, portavi a casa sua chi non ritorna! a me, chi non ritornerà più mai! Tu fosti buona . . . Ma parlar non sai! Tu non sai, poverina; altri non osa. Oh! ma tu devi dirmi una una cosa! Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise: esso t’è qui nelle pupille fise. Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome. E tu fa cenno. Dio t’insegni, come». Ora, i cavalli non frangean la biada: dormian sognando il bianco della strada. La paglia non battean con l’unghie vuote: dormian sognando il rullo delle ruote. Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.
Errante sui prati incolti al pascolo fluisce il sorriso della luna quieto rinasce disteso il mio corpo sono strada polverosa calpestio di mandrie al passaggio. Uno di questi giorni mi risveglierò scultura del vento tracciato strisciante di serpe fazzoletto di terra bagnata pioggia di sguardi nascosti nella nebbia. Attenderò uccelli bianchi battiti di ali in cieli azzurri giravolte verso altri soli migrazione senza carne di pensiero tattile. Del mio amore un sussulto volgerò gli occhi all’orizzonte e ormai cieco lancerò pane rappreso ai colombi affamati viandanti insaziabili a consumar se stessi. E tra dorate messi calendule, lacrime d’arancio diverranno dimora dei miei giorni.
"V’è un tempo quando non si è più giovanissimi, o quando si pensa alla vita consapevoli che questa ha un tempo limitato, che i pensieri si riempiono di angosce… quale futuro, quanto tempo ancora…. “ Uno di questi giorni” sarò terra, passaggio all’orizzonte, migrazione senza carne, forse rinascerò in quei giorni, dove si posano le orme della speranza, serenamente abbracciato dalla fine del mio tempo."Pietro Vizzini
(The Boulevard Montmartre on a Winter Morning, 1897-Camille Pissarro)
Pioggia a Montmartre
Dal cielo plumbeo scrosciava tambureggiando la pioggia tra alberi discinti allineati nelle larghe piazze tra panchine vuote.
Pochi passi per i viali traboccanti boccali nei pub tra luci sommesse a dar vita all’asfalto luci abbaglianti.
Era triste Montmartre…
grugni mesti di pittori, miraggio di volto ritratto, colori trasudati da mani stanche, di avventore attesa incessante, sul bohémien pioveva speranza.
Quella sera a Montmartre…
accostata al gruppo si agitavano i miei sensi, lo sguardo si posava sul mucchio di dipinti per terra sparsi, un bohémien asserì al passante …eh hai fatto soldi tu…
Montmartre…
Domani pioverà sole sui colori, tempo nuovo, tanti avventori.
Il viaggio per Parigi di qualche anno fa, portò i miei passi a Montmartre, luogo in cui sono appostati per tutto il giorno, in ogni stagione, i ritrattisti, nella speranza che qualche avventore gli faccia intascare qualche soldo. Quel giorno di dicembre, Parigi era coperta dalla pioggia, ma Montmartre ai miei occhi apparse colorata, un’emozione intensa mi vestì da capo a piedi, specie quando un bohémien asserì al passante “…eh, hai fatto soldi tu…”. Il passante, in quel frangente, era mio marito, loro, ovvero gli artisti, erano il suo riflesso. Questo luogo mi fu fonte di ispirazione ma non meno quegli artisti che in un forte abbraccio mi hanno dimostrato la nobiltà del loro essere. Momenti di vissuto che non si dimenticano, perché trasferiscono emozioni forti, a tal punto che mi hanno mosso a scrivere “Pioggia a Montmartre”.Grazia Finocchiaro
Ringrazio di cuore Mario Donatiello per il meraviglioso suggerimento musicale
Come promesso inauguriamo oggi il post settimanale dedicato ai poeti 'più conosciuti': quelli che hanno accompagnato la nostra vita, quelli che ci hanno fatto piangere e sognare, quelli che ci hanno stupito ed emozionato. I poeti le cui poesie occupano un posto privilegiato nel nostro cuore.
Quello che vi chiediamo cari Amici, assidui frequentatori di questa 'Oasi di Pace', é di collaborare con noi magari indicandoci anche il vostro poeta preferito (potete farlo anche con un semplice commento, ricordandovi di firmarlo).
Buona poesia a tutti.ros e massimo
SAN MARTINO di Giosuè Carducci
La nebbia a gl'irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar;
va per le vie del borgo dal ribollir de' tini va l'aspro odor de i vini l'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi lo spiedo scoppietando: sta il cacciator fischiando sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi stormi d'uccelli neri, com'esuli pensieri, nel vespero migrar.
A partire dal 29 agosto 2010 il blog modificherà le modalità di pubblicazione.
Ogni domenica:
sceglieremo un testo poetico di un autore che pubblica su Facebook. La scelta tenderà a valorizzare coloro che scrivono con una certa frequenza. Sarà nostra cura arricchire i testi con immagini e commento musicale.
Ogni mercoledì:
proporremo testi di autori conosciuti.
Naturalmente i testi pubblicati verranno commentati dai lettori del blog e laddove fosse possibile è molto gradita la presenza dell'autore on line.
Invitiamo i nostri affezionati lettori a condividere spesso tutti i messaggi del blog in modo da coinvolgere il maggior numero di appassionati.
Ringraziamo tutti per la collaborazione ed auguriamo una gradevole partecipazione.
Pare na musica ca va e che vene, nfaccia a sti scoglie, canto 'e sirena, l'onna grifata accartoccia e se sbatte pitta sti prete, d'argiento, antrasatta. Lassa n'addore chest'aria marina ca m'accarezza tanto ca è fina tramonto 'e sole chiano scumpare, mentre s'appicciano 'e primme lampare... Mare 'e sta terra, na terra ncantata, c'abbraccia 'e llacreme e chi l'ha lassata e sott' arena annascunne 'e segrete tenennole astrinte sotto a sti pprete... Quanti passione se songo appicciate e quant'ammore se songo stutate, so mille vele ca vanno c''o viento nfose d''o sole, p''o mare d'argiento... E chisto è 'o mare d''e nnammurate 'e Margellina, 'e ll'uocchie affatate nuvola d'oro, canto 'e Sirene canto d'ammore ca va e ca vene... na nnammurata, na serenata, sera ca scinne e rieste ncantata...
Chi come me è nato a Napoli e ci ha sempre vissuto, conosce benissimo l'importanza e l'amore che si porta al mare, parte integrante della vita quotidiana di un napoletato e per tanti sopravvivenza perchè dal mare ne traggono il sostentamento con lavori vari dalla pesca al noleggio barche, alla navigazione ai ristoranti sul mare etc...Nelle varie canzoni napoletane il mare è stato cantato e stracantato, non vi è autore celebre del passato che non abbia scritto sul mare, uno degli ultimi grandi cantori Giuseppe Marotta (autore tra l'altro dell'ORO DI NAPOLI) scrisse nella canzone Mbraccio a te, "na tazzulella 'e mare, nu fazzuletto 'e rena, addo' l'acqua ca vene sposa l'acqua che va"...Grandissimo verso di pura poesia.. Ma il mare da Santa Lucia a Mergellina ha subìto anche assalti dei saraceni nei secoli scorsi ed è stato devastato dalle varie battaglie e guerre che nei secoli so sono succedute ed inoltre, vuole la leggenda che vi sbarco' morente Partenope, figlia di Eumelo in fuga da Rodi che mori' appena giunta sull'isolotto di Megaride dove fu poi edificato castel dell'Ovo, ma ancora oggi, se si passeggia lungo la scogliera di Mergellina si respirano gli stessi profumi di sempre, si provano sentimenti d'amore e tenerezza ineguagliabili, a volte si raccolgono anche lacrime di dolore...Io il mare ho inteso descriverlo per gli effetti che procura, per le sensazioni che da per quel che rappresenta per i napoletani...Un ringraziamento a Rosalba, Massimo e a tutti gli amici e le amiche che interverranno lasciando un commento su questa poesia...Grazie a tutti ancora Bruno Zapparrata
Traduzione letterale e non poetica della Poesia MARE a cure dello stesso autore
Sembra una musica che va e che viene, contro gli scogli, canto di Sirena, l'onda arrabbiata s'accartoccia, si sbatte, dipinge gli scogli d'argento all'improvviso... Lascia un odore quest'aria marina ed accarezza tanto che è fina, tramonto di sole, piano scompare mentre s'accendono le prime lampare... Mare di questa terra, una terra incantata, che abbraccia le lacrime di chi l'ha lasciata, e sotto la sabbia nasconde i segreti, tenendoli stretti sotto alle pietre... Quante passioni si sono accese e quanti amori si sono spenti, son tante le vele che vanno con il vento, bagnate dal sole, sul mare d'argento... E questo è il mare degli innamorati, di Mergellina, degli occhi fatati... nuvola d'oro, canto di Sirena, canto d'amore che va e che viene... una innamorata, una serenata, sera che scendi e resti incantata....
Per chi volesse può ascoltare 'Mbraccio a tte', la canzone citata da Bruno Zapparrata nel suo commento.
S’abbracciano nei campi di giugno due spighe di grano maturo poche nuvole passeggiano alte ricoperte da vesti leggere ombreggiano arbusti e case ricurva la schiena al mio sguardo la terra setacciata dalle mani scopre rami intrecciati semi tra solchi e pietre forse avranno luce e radici giorni di festa pane da spezzare ai bambini inginocchiati sui gradini del cielo. Soave canto di corpi alati musica nell’aria da respirare piano mentre percorro la via del mare gabbiani appoggiati alla scogliera osservano in lontananza carezze alle caviglie di acqua salata che scorre un tappeto di sabbia distende corpi che gemono baci sotto ombrelloni sparsi colorati secchielli e formine di pesci rossi sono gioco d’estate e di ciliegie assaporo i primi morsi.
Stasera in cesti di paglia donami cristalli dorati. Accendi i profumi di incensi ad indicarmi il sentiero. Ti cerco impossibile amore in luoghi nascosti da fiori, sotto piume d'airone rosate, dietro le cime innevate. Mai luogo sicuro e nascosto lo scandalo potrà custodire di un tenero bacio rubato sfiorando le dita tremanti. Stanotte per grande magia potremo bruciare il segreto. Ti troverò nel mio sogno che sogna di vivere il tuo. Ti prego non schiudere gli occhi durante il notturno cammino. I sogni si incontrano sempre finchè vorrai avermi vicino.
Alla mente i ricordi, sulla pelle il destino tatuaggio indelebile, inflitto ed inciso Pochi i miei anni di contro a paura agli occhi afferrata e lì impressionata. Ai miei giochi vietati lasciavo la polvere e strano l'odore di un fumo nebbioso che fitto esalava al gelo dei cuori, poggiato a quel filo, la spina pungeva.
E lo sguardo al di là oltrepassava la morte se forte, fame spingeva E senza capelli, vuoto lo stomaco. Io non capivo il perché.
Il dialetto è per me la forma espressiva che accompagna le reazioni più sentite. Quando la riflessione mi abbandona e lascia il posto alla spontaneità nella sua forma più estrema. In questi versi alla reazione ne segue un'altra intensa ma di segno opposto. Spesso presente nel vissuto dei napoletani. Ovvero alla profonda delusione che accompagna un innamorato scoprendosi tradito, subentra un sentimento ancora più profondo, l'eterno ricordo del particolare più bello dell'amore finito; nel nostro caso gli occhi.(Massimo Imperato)
Uocchie
L'uocchie 'e na nammurata allummano na via quanno s'appicciano 'e sera vedenno 'o nnammurato. Traseno dinto 'o core parlanno zittu zittu, te contano a jurnata, te scippano nu vaso. Guardanno stu spettacolo 'e cerchi tutte 'e vote, nun ne può fa cchiù a meno te fanno ncannarì. Ma quanno si sicuro 'e truvà 'e luce accese t'accuorge 'e na surpresa ca non te fa ciatà. Mente tu nun ce stive, pe n'ato se so allummate chille uocchie 'e nammurata; e vide l'oscurità. Ma dinto a chillu buio ca niente po schiarà, cumparono doie puntini: so l'uocchie 'e chella là.
Tiempo 'e tammorre, triemmolo p''e vvie, cadono 'e ffronne e 'o cielo se fa scuro, frusceàno ll'aria mille e cchiù buscie, tremmano prete e Cristo nfaccia 'o muro. A i' lloco, n'ata festa culurata cu lluce, adduobbe e smargiassate 'e lusso, dint''a na tratturia na tavuliata, femmene cu 'o rrussetto mpont' 'o musso... Vommero antico, n'albero 'e castagne rimasto quase a pigno d''o passato, quanno saglievo a pede p''e campagne e ll'ommo nun t'aveva stravisato... Mo ca 'e tammorre stanno nfunno, a mmare, e'e tratturie hanno nzerrato 'e pporte, stutata è 'a festa, e dint''e notte chiare cadono 'e ffronne, sinfunia d''a morte... Cadono 'e suonne mmiezo a cchesti vvie, ll'urdema fantasia d''a giuventù, e nun so' stelle ma, malincunie, chelle ca staje vedenno pure tu.
Commentare per me questa poesia dovrebbe risultare essere facile, vomerese dall'età di Vent'anni sino ad oggi.Il Vomero località amena in collina a circa 300 metri sul livello del mare è stato il sogno e l'ispirazione di tante generazioni. Non a caso in una famosa poesia di Salvatore Di Giacomo si recita "Maggio na tavernella.." ebbene, quella tavernella nei pressi di piazza Vanvitelli, annessa alla stazione di una delle tre funicolari che collegano il centro della città con il Vomero, e precisamente quella di Chiaia che porta a piazza amedeo, Via dei Mille, c'era e sopravviveva sino ad una trentina d'anni fa questo ristorante che affacciava sui giardini della Floridiana, Villa Lucia e Via Palizzi . Mi rendo conto che per i napoletani, diciamo in esilio, questa descrizione è foriera di nostalgia e malinconia ma va, secondo me descritta. Poi tante canzoni hanno cantato l'amenità del Vomero, nome dalla punta dell'aratro perchè era tutta campagna una volta e predominavano i broccoli di foglie in coltivazione, vero è che i vomeresi venivano soprannominati père 'e vruoccule (piedi di broccoli)Per le canzoni una su tutte "Vommero prufumato Suonno d''e nnamurate, ca sagliono a dispietto ma...scenneno abbracciate" a dire che il vomero tutto leniva e faceva dimenticare riappacificando anime e cuori.Lo stadio di calcio che ci ha visto crescere, le piedigrotte al terzo giorno di festa e tante altre bellezze che con il tempo ed il modernismo sono andate estinguendosi rendendolo sempre bello, si ma convulso e quasi impraticabile. Io che al Vomero ho abitato dall'eta' di 20 anni e prima avevo la comitiva con colleghi dell'Istituto Tecnico Commerciale e poi Università, posso solo ricordare dei magnifici occhi moreschi, quanti amori e quali amori, accompagnati da splendidi voli di rondini tra i secolari alberi della Floridiana. Ecco perchè muoiono le ultime fantasie di una gioventu' che in un soffio di vento gia' se ne va...
Bruno Zapparrata
Postata nei commenti trovate la traduzione della poesia fatta dello stesso autore.
Tempo che fuggi lontano Cancella la sua triste voce amica Dai miei costanti e insulsi pensieri
Tempo che incedi lento e stanco Annebbia il suo complice sorriso Dai miei piovosi giorni primaverili
Tempo che corri veloce nel mondo Sfuma pigramente il suo dolce viso Dal mio schermo quotidiano
Tempo che porti senno e ragione Scaccia l’ardore della passione Dai miei malsani ed immorali impulsi
Tempo che sobrio e caldo arriverai Allontana la mia mente ebbra Dai fumi inebrianti dell’alcool invernale
Tempo che implacabile perverrai Ricongiungi la mia umida conchiglia semiaperta Al solitario delfino del mio profondo oceano
Tempo che rubi gli attimi, le ore ed i giorni Rendi la mia vita, la mia anima ribelle All’unico e raro petalo del mio fiorente giardino
Dalla raccolta "Lilith"
Un affidarsi al "Tempo", che in qualche modo riesca a farci scordare i ricordi passati, che ci hanno tormentato i minuti, le ore, ed i giorni. Ma il "tempo" può ben poco, certo affievolisce i tormenti, le sofferenze, ma sarà sempre dentro di noi, che dobbiamo trovare la forza interiore per andare avanti con gioia e serenità, trovando stimoli nuovi per rigenerarci.
Scuote l' affranta mente tradito filosofo da sue certezze, e lacrime di poeti bagnano cieli d' aridi asfalti. Infimi genuflessi eroi ascolto implorano invano, da scienti mentitori di grano e vino. Profusi gli inchini fra i sordi gaudenti in laute rotonde tavole. Tacete, urlate, graffiate sognatori di fiorito deserto; scavate, scavate profonde fosse a seppellir colombi e ulivi: oranti aspettavate bianche rose e giace su spinati steli deflorata la pace. Solivago pensiero piange su solchi divelti e calpestati di caduta speme!
Su, l'animo sollevate o eletti della terra: ingemmato è il sepolto chicco!
Ho scritto questa poesia in un momento di profonda tristezza e sconforto.
Guerre, fame, attentati, disoccupazione, lavoro nero...
Poveri sempre più poveri, paesi in cui l'acqua è un miraggio, preziosa più dell'oro... carestie e malattie che mietono miglia d'innocenti.
E naturalmente gli ultimi della terra genuflessi alzano le braccia al Cielo e alla terra, invocando pane, pace, parole d'amore, giustizia
E i Grandi opulenti si riuniscono per discutere su come risolvere i mali dell'umanità: le loro tavole sono imbandite e ai poveri lazzari non restano nemmeno le briciole che hanno spolverato i grassi cagnolini dei potenti.
Spesso la speranza muore con i miseri che magari da fanciulli avevano sognato di veder fiorire il deserto.
Gli ultimi tre versi della poesia sono stati aggiunti in un secondo tempo, quando rileggendola mi risuonò nel cuore questa Parola del Signore:
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto".
Beh, è una magra consolazione, ma credo e spero che dal sacrificio di milioni di piccoli grandi sconosciuti eroi possa rifiorire la Speranza, la Giustizia e la Pace.
Ti cugghìi e ti scippai di milli manu ca vulevanu suttraìriti di 'n-castu jocu d'Amuri. Ti libirai 'n-tempu, o me musa, di lu grigiu fumu di l'odiu e di nfernu e focu di dannati. Tra li me' vrazza è ora lu to riparu, nni lu me jardinu lu tàlamu prufumatu unni ti poi arrisittari. Ddà chiantai ppi tia na rosa janca ppi fari arripusari la to arma, costruìi na filanna ppi nutricari li to' capiddi di sita, lassai vèniri na fàuna pirchì ti sintissi nta 'n-Eden. Nta ogni ciacca misi na luci pirchì tu nun fussi mai a lu scuru. Ogni fruttu diliziusu chiantai pirchì ti diliziassi. Acqua frisca tirai di 'n-puzzu pirchì tu vagnannuti pozza viviri di sustanza di vita. Oh me diletta carusa, milli manu niri pigghiaru pinnu pp'affirrariti e ppi suttraìriti a lu nostru puru jocu d'amuri.
Da tempo seguo Alessio Patti nelle sue performance artistiche. Infatti egli oltre che un valente poeta (scrive prevalentemente in lingua siciliana) crea dei video che uniti al testo ed alla musica diventano dell'opere d'arte di grande valore espressivo.
Quest'oggi nel blog presento un suo testo visto che è nostra abitudine soffermarci su questo. Normalmente accompagniamo i testi con un video musicale, questa volta vorrei darvi il link del video completo per gustarne la bellezza senza alterare la scelta artistica dell'autore.
Pertanto vi prego di commentare su queste pagine il contenuto della poesia per poi completare la visione su Facebook nella pagina del suo gruppo.
A questo blog non può essere applicato l'art. 5 della legge 8 Febbraio 1948 n. 47, poiché l'aggiornamento delle notizie in esso contenute non ha periodicità regolare (art. 1 comma 3, legge 7 Marzo 2001 n. 62). Esso é un prodotto amatoriale e non rappresenta una testata giornalistica , i post editi hanno lo scopo di stimolare la discussione e l’approfondimento politico, la critica e la libertà di espressione del pensiero, nei modi e nei termini consentiti dalla legislazione vigente. Tutto il materiale pubblicato su Internet è di dominio pubblico. Tuttavia, se qualcuno riconoscesse proprio materiale con copyright e non volesse vederlo pubblicato su questo blog, non ha che da darne avviso al gestore e sarà immediatamente eliminato. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, non sono da attribuirsi a me, nemmeno se gli stessi vengono espressi in forma anonima o criptata.