Qual brividi di stelle a notte in bruma
e tremolii di voce quando vedo
il viso tuo che guarda e mi consuma:
resisto un po’, ma poi a te mi cedo.
Se amor è malattia degli anni verdi
non so capire allora perché sento
le stesse sensazioni, ora che perdi
il nero nei capelli nel gran vento.
L’amore non guarisce mai con gli anni,
è malattia che tutti volentieri
si accetta sempre tra i miglior malanni.
Ti vedo come eri e come sei
e t’amo sempre come già t’amai,
se a settant’anni turbi i sogni miei.
"Qual brividi di stelle...", che si è classificata Prima al Festival dell'Arte di Martina Franca (TA), è dedicata alla migliore malattia: l'amore che non muore mai. Ed il poeta, un "giovane" settantenne, ancora oggi si culla nella sua malattia d'amore che lo vede felicemente sposato. Dedicata all'amore eterno.
Sono state versate fiumi di lacrime, e poi fiumi di parole, nel ricordo di questo triste evento, la mafia ancora non è stata sconfitta, ma molto è stato fatto grazie al contributo di uomini come Giovanni Falcone, che con il sacrificio della loro vita hanno acceso la speranza donando alla gente la fiducia nelle istituzioni. Oggi molte persone oneste si sono ribellate alla morsa schiacciante delle estorsioni da parte delle organizzazioni criminali mafiose, trovando il coraggio di dire basta, alcune hanno formato associazioni come “Addio Pizzo”, solidarietà e rispetto della legalità sono gli elementi che contribuiscono a sostenere la lotta contro questo fenomeno terribile. Come disse Giovanni Falcone “ La mafia si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni, perché la mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”.
Ho scritto questa poesia pensando da Palermitano, a molti dico che conosco tantissima gente che con coraggio affronta la vita di tutti i giorni…. verrà un giorno che non ci saranno più tentacoli e bocche cucite dal silenzio, ma strette di mani sciolte da legami oscuri, aperte al senso del giusto.
S'è spalancata 'e botto sta fenesta, viento ca porta sciusce 'e primmavera, sciure 'e cerase, appicciano na festa, sott''o tramonto primma 'e se fa sera. Spanneno 'e rrose nu prufumo attuorno, e se mbriaca ll'aria mmiez'''e viole, ll'evera nova cresce, sponta e torna, na fronna, ca se ndora sott''o sole... E si' turnata tu, na rundinella pe accarezza' tutt''e penziere mieie, pe da' calore addo' sta sulo gelo, pe fa vula' ddoie note,mmiezo 'o cielo... S'è spalancata 'e botto sta fenesta, quant'anne so' passate...è sulo ajere. Tuorne cu 'e rrose e'e fresie ncoppa a vesta, cu ll'uocchie 'e viole e ll'aria 'e primmavera...
da Nu Sciuscio 'E Viento-Laurenziana 1988
Questa poesia è talmente semplice che si commenta da sola verso per verso. Da che esiste il mondo e la poesia gli autori hanno attinto a piene mani dalla natura per simboleggiare determinati stati d'animo, determinate situazioni usando l'immaginifico a seconda delle proprie capacita'. Per un ritorno cosa c'è di più poetico, di più profumato, di più bello che alberi in fiore di ciliegie, rose, fresie, viole, simboli della vita, della rinascita, ed ognuno di noi in fondo in fondo all'animo ha sempre questo desiderio di rinascita anche quando essa è impossibile. Ed ecco la sorpresa, l'insperato, la finestra che si spalanca con forza improvvisamente, ecco la speranza di una nuova vita, ecco la certezza di esserci. Questa è la poesia e grazie a tutti coloro che interverranno affettuosamente.
Cari amici in occasione della festa della mamma riprendiamo le pubblicazioni nel nostra "OASI". Il mio abbraccio va a ros che con la sua dedizione e costanza nel gestire il blog gemello, quello "azzurro", riesce ad ottenere risultati anche se da qualche mese non pubblichiamo nulla. Per cui abbiamo convenuto di riprendere anche se a ritmo ridotto. Ogni settimana individueremo un testo tra quelli pubblicati su Facebook (chiedendo il consenso) e lo pubblicheremo condividendo il link per consentirne i commenti, secondo la formula che già molti di voi conoscono. Terremo conto anche di vostre proposte. Grazie comunque a tutti i fedelissimi e a coloro che ci visiteranno per la prima volta.(Massimo Imperato, amministratore del blog)
Quello della mamma è la forma più intensa che l'amore può raggiungere. Esso non conosce compromessi. E'. Non si può mai eludere. A volte il riceverlo crea anche disagio, fastidio. Ma ciò non interferisce affatto. Nel silenzio, nel buio, senza far rumore l'amore di una mamma è sempre presente. Allora si finisce con accettarlo se non con amarlo. E accettare l'amore è anch'esso un grande atto di amore.
Avverto qualcosa di invisibile che spesso sfiora lieve le mie spalle. Occhi nascosti guardano i miei passi eppure non distinguo il nascondiglio. Quando la sera, disteso su in terrazza, osservo la sfilata dei pensieri, e mentre pian le ciglia mi si intrecciano sul viso scorre lenta una carezza. Il primo impulso nuota nel fastidio: qualcuno segue il ritmo dei miei giorni! Prima che ancora più il pensier s'infiamma capisco che ho vicino la mia mamma.
Dolci note di una ninna nanna, in una notte insonne di una mamma
Canto
di protesta, di rabbia, di speranza, di conquista fra striscioni e cortei di oggi e di ieri legate in un abbraccio comune, complice di comuni pensieri
Lacrima di rugiada di primavera passata fiaba, di una nonna, sussurrata
Canzone, fra le macerie del cuore di chi subisce violenza, che anche se viva fuori, dentro muore
Canzone in una strada, in una nottata scambiando per amor la vita usata
Canzone dentro a un ghetto, un minareto, una fabbrica, nelle scuole Fra le croci in un cimitero o in un campo di viole Con il burka o senza, quello che conta è il cuore, la sola essenza
Piccola, grande, forte, bianca o colorata Di note speziate, agrumate, di the
La primavera ha una gestazione nell'animo umano che altre stagioni non hanno. Si insinua pian piano un fervore che poi esplode insieme ai segnali forti che la natura ci offre copiosi.
E' come la liberazione da una lunga attesa nel momento in cui tutti gli elementi naturali tornano al posto che la primavera assegna.
Lungo la mia strada sei comparso tu, fragile fiore amico Bussando dolcemente al mio cuore schiuso
Avrei potuto accogliere il tuo sorriso… Stando in piedi sulla porta di casa mia
Avrei potuto evitare i tuoi occhi chiari… Girando i miei verso l’orizzonte ignoto
Avrei potuto non sentire la tua triste malinconia… Ascoltando una musica banale e divertente
Avrei potuto allontanare il tuo caldo vento di Scirocco… Raffreddandomi le membra con l’aria gelida di Tramontana
Ma… una sconosciuta e leggera brezza estiva… Mi ha trascinato sull’orlo di un tetro baratro
Facendomi sprofondare ciecamente… Nel centro ardente e infuocato della terra
Dove fantasmi inquietanti ed ossessivi… Rallegravano le mie lunghe notti insonni
Dove lingue di lava fiammeggianti e diaboliche Bruciavano il mio cuore , i miei infiniti giorni…
Dove macigni pesanti e informi… Opprimevano la mia fragile vitalità
Ora…vorrei riposare… Dimenticare le ombre oscure dei miei passati sogni
Ora…vorrei rinfrescarmi… Ubriacarmi sobriamente alla sorgente pura del paradiso
Ora…vorrei ridare alla mia vita, una natura rigogliosa… Dissetare il mio cuore …per far rinascere un fiore .
Poesia pubblicata sul libro "LILITH" di Wanda Allievi nel 2008
A volte la vita ci riserva delle sorprese, proprio quando meno ce lo aspettiamo, sulla nostra strada incontriamo persone e situazioni che ci sconvolgono, ci tormentano, ci fanno star bene ma anche stare molto male. Ma poi, quando la ragione prende il sopravvento, riesci a capire che devi fermarti, razionalizzare, ritornare alla “tua vera vita” e rinascere!
Cielo stracciato 'a nuvole russagne, viento 'e scerocco, sta sceppanno 'a faccia. Na lacrema cu tutt''a vita mia, no, nun se po' asciuttà cu na poesia... Pe quanta prete conta sta scugliera, io, goccia d'acqua sperza dint''o mare, vaco cercanno a te, comm'ire aiere, e tutt''e notte ll'ombra toia traspare. Mo nun ce staie, chi sa' che staie facenno, e io comme a nu pezzente stò aspettanno, nchiuvato nterra, comme a Cristo nCroce, 'a carità ' e sentere na voce... Chi sa' si dint''a musica d''e suonne te vene a mmente na canzona antica, 'a coppa 'e scoglie sto' cuntanno ll'onne, chell' ca sto' penzanno... nun t''o ddico... Suonno ca tuorne e ca nun passe maie, viento 'e scerocco, puortele 'a canzona nzieme a ll'anema mia ca mo fa' pena... ...'o sango me mbriaca pure 'e vvene ... Dille ca ll'uocchie mieie se stutarranno sultanto si se ncontrano cu 'e suoie, lla, dint''o ffuoco ' e nu tramonto a mare quanno 'a luce accarezza e po' scumpare...
Per questa poesia basterebbe solo la trasposizione in lingua per fare il commento. Una sera trovandomi sulla collina dei Camaldoli in un tramonte come quando il cielo stende un lenzuolo di fuoco alla mente tra un suono dolce di campana, un convento con la chiesetta, una voce immaginaria mi hanno convinto per questo atto della mia vita dovuto, sentito in un periodo particolare tra l'adolescenza e la maturita' e messo sulla carta non dico in anzianità ma quasi. Quando si ha la fortuna di avere una vita intensa, di viaggiare e di conooscere, sono mille le cose da racccontare e mettere in poesia per chi le scrive ma poichè la poesia non si cerca, no è lei a venire in un determinato momento dall'autore, e si realizza con espressioni che fino a qualche istante prima non esistevano. Io ho sempre sostenuto che la poesia è una cosa molto seria e non bisogna scherzarci risultando spesso inviso in certi ambienti dove purtroppo regna pochezza ed improvvisazione. Trovarsi sulla collina dei Camaldoli a Napoli dove esisteva l'ultimo convento maschile di Clausura, entrarci perchè i maschi potevano e le donne ovviamente no, e contemplare tutta la valle sottostante dal mare con Miseno in lontananza all'ippodromo della conca di Agnano, allo Stadio S.Paolo è stato facile trovare desiderio diQuesta poesia già nella trasposizione si commenta da se. E' un atto d'amore sofferto, pace e ispirazione, tra grappoli d'uva e grandi rosai...
Postata nei commenti, trovate la traduzione fatta dallo stesso autore.
Strano... strano e` sentirsi poeti per un solo istante e poi... dar vita a dei versi. Strano e` non sentirsi vivi e respirare l’aria malsana delle passioni... strano e` averti accanto sentire la tua infinita sofferenza, toccar con mano i tuoi tristi lineamenti e sentirmi perso nel baratro della tua solitudine.
Ombre di vita vissuta, personaggi irreali come il vento maschere senza espressione... t’accorgi d’aver vissuto una vita per gli altri.... e poi ti chiedi il perche`... e` sera ormai, le ombre della notte si colorano di maliconia cerchi in platea, fra le sedie vuote, il viso di qualcuno che non c’e`... l’illusione delll’applauso lontano, l’inevitabile successo, la maschera triste che non sa piangere... il sipario e` ormai chiuso, riecheggia nell’aria satura di emozioni l’ultima battuta: “ Da domani la commedia, la recito da solo!”
Quale commedia?
Strano e` sentirsi ancora oppressi dalla vita dei personaggi a cui dai vita... strano e` vivere di mille ed un dramma ancor per gli altri e poi... t’accorgi che stranamente, non trovi un’alito per te stesso... le frasi che ami sono castelli di sabbia, le cose in cui credi mere illusioni.
L’ultima commedia, l’ultima e poi basta!
Sul tavolo da trucco abbandonati, gli oggetti a te cari, accarezzi le cose tue con delicatezza, ripeti ad alta voce una frase, l’incubo e` finito...
Semi di luna precipitati su riflessa falce; fioritura abbraccia l’isola di pensieri affastellati, conca di casta pietra segreta. Nettare viola velluto su labbra d’assenzio afflitte consola.
Fusione
Su cuscino di pietra sola con l’ombra tua nella mia infissa.
Cento Parole
Sotto il sasso ceneri di trapassati giorni, spente lucciole remoto ieri. Smarriti vapori dolci verbi andati, aulorosi idilli incisi: fuoco , fiato! Cento parole scolpite su ferma pietra primitivo amore: sacro sigillo d’uomo fiamma d’ardente stilo imprime.
Nelle mie poesie l'ermetismo non è totale o radicale, lascio sempre uno spiraglio o finestrella aperta per essere alla portata di tutti. La pietra o roccia indicano stabilità, fortezza, amore che dura oltre il tempo...
P.S. questi versi li ho scritti in memoria del mio sposo, rapitomi dalla morte quasi tre anni fa.
Mo ca stu suonno è fernuto, mo ca sta vita è passata, comme a nu sciore appassuto ll'anema mia è abbandunata... Parte d''a primma staziona, canta 'a speranza int''o core, comme a' na bella canzona 'o tiempo passa e nun more... Strata facenno se straccia l'urdemo sciato d'ammore, tiene signate p''a faccia note, pittate 'e dulore. Sempe cchiù miccia è int''o core lampa 'e na vita fernuta, resta cu 'e ffronne 'o culore nterra, 'e nu tiempo ngialluto...
Che commento si puo' fare a questo pensiero perchè di pensiero si tratta. Sembrerebbe il tirar delle somme di una vita ma non è completamente cosi'. La vita perennemente è infarcita di canti ammaliatori di sirene per ogni atto, per ogni azione e spesso inducono a non fare bene le scelte. Certo l'iter è difficile ma sovente non ci si trova pronti ai tanti cambiamenti del proprio stato e la spensieratezza dura quasi niente, già con gli studi si ha il dovere di farli bene e dunque essere impegnati all'osso poi il lavoro e quant'altro tiene occupata una persona. Alla fine quando pensi e ti soffermi a constatare ti accorgi di aver fatto tutto per gli altri e quasi nulla per te...Ora preferisco leggere i commenti degli amici e delle amiche e chi sa quanti di loro avranno avuto le mie stesse considerazioni. Grazie Bruno Zapparrata
Ringrazio di cuore Mario Donatiello per avermi fornito questo bellissimo video. ros
Postata nei commenti trovate la traduzione della poesia a cura delo stesso autore.
All’età di venti anni avevo già intrapreso il mio cammino di donna, con le mie scelte consapevoli, il mio coraggio consapevole, la mia determinazione “inconsapevole!” e tutto l’entusiasmo che la mia età poteva donare. Tutto potevo immaginare ancora nella vita, tranne l’incontro con il passato. Quando occhi tristi mi venne incontro: il destino fu compiuto. Ci sono racconti che ti segnano per sempre la vita e per quanto tu li possa contemplare, amare, condividere, possono solo tracciarti la strada verso un cammino nuovo, vero, bello o brutto che sia; perché si cerca sempre di imparare dal passato... Almeno questo ci insegna la vita. Occhi tristi era una donnina esile, occhi blu cobalto, pelle di luna, nonostante la sua tarda età. Sapendo chi ero, mi corse incontro, tenera e materna, fu in quel momento che mi parlò di se. Quasi ad esempio per la mia vita, oggi, un giorno, domani, adesso, chi lo sa!. Io vedova bianca, lei vedova nera, io realtà... lei ricordo… ma entrambe sole, chi per fato, chi per punizione; Fu così che diventammo amiche… Lei una nonna, io una nipote. Mi raccontò del suo matrimonio, dei suoi sogni spezzati quando era appena una ragazzina… mi insegnò il senso del rispetto, quello Sacro, quello eterno… quello che è per tutta la vita. Il suo matrimonio si celebrò in tempo di guerra, un amore grande, travolgente, antico. Dopo pochi mesi di felicità arrivò la chiamata alle armi, e lui partì “a malincuore” con un presagio cattivo che gli sfiorava la mente, un incubo da scacciare via e farsi coraggio per dare coraggio a lei “l’amore suo”. Appena poteva usufruire di un permesso, correva dalla sua donna a cibarsi dei suoi baci e darsi conforto con le sue carezze; Poi un giorno partì lontano… fu trasferito a Scilla, una cittadina della Calabria, la guerra lo chiamava a dovere, e rifiutare era tradire la Patria. Solo le lettere quando potevano partire, riunivano con intarsi di parole, l’amore di quei cuori appassionati, scritti fatti di malinconie eccelse vibravano nei meandri dell’anima, risuonando come sinfonie rubate ad un poeta; Essendo Antonio uno sposo ricco di sogni e di entusiasmo, regalava a lei diademi di felicità, raccontandole di quello che il futuro gli avrebbe donato una volta insieme. Le loro lettere erano come scintille di luce che brillavano oltre le bombe, quei versi rendevano ancora bella la notte. Erano trascorsi tre mesi da quando Antonio non sfiorava il volto dell’amata e nell’inverno, i sogni si fecero più deboli… eppure restava la speranza, il sogno che la guerra sarebbe finita presto. Venne l’ora dell’imbarco, ripuliti gli stivali laceri e scuciti, terribili presagi fecero capolino nelle menti dei soldati. Era un giorno cupo e freddo, luci di colpi da sparo vibravano oltre la battigia. Antonio aveva il cuore cupo più del tempo e come un macigno pesava sul suo petto. In lontananza la guerra incalzava. Sul mare ululava un vento di tempesta. Il suono delle bombe era sempre più vicino, rimbombava penetrante nelle anime di quei poveri compagni di sventura. Vicino a Messina, l’aria era satura di un odore acre e penetrante, cumuli di detriti alzavano polveroni grigie; sarebbero arrivati in un punto caldo, mentre la guerra era in atto; Qualcuno in lontananza li attendeva, ma chi? li avrebbero salvati o uccisi! Prepararono i cannoni, nell’attesa di vedere una divisa, e sperando che fosse stata quella dello stesso loro colore; sull’albero della nave qualcuno gridò: “È il nemico ad aspettarci! Tenetevi pronti!”; poi un colpo sordo, una luce abbagliante, e in solo attimo… la vita, il ricordo dell’amore, l’immagine di una donna che a casa lo attendeva piangendo… l’acqua, il fuoco… le urla nella testa… un pianto sommesso dentro il petto. La morte che arriva, tremenda, infuocata, bagnata di onde del mare, corrosa di fumo, impregnata di sangue… il respiro che manca, il cuore che trema… il buio sempre più vicino, poi il silenzio, lungo, continuo… eterno… e lei a casa, ancora a pregare, ancora a sognare. La morte è un silenzio assordante che gela l’anima di chi rimane. Sognare! di quale futuro adesso! di quale sole domani! di quale mare! ; “Mio marito fu cibo per i pesci” questo mi disse lei piangendo. “Lui; lui divenne un angelo in cielo e una croce sulla terra”. Ma pregare una croce, che sotto non porta le spoglie di un uomo, che male tremendo può fare nel cuore; Lei pianse… pianse lui, che mai seppe, perché così presto se ne era andato, lui che mai vide… lui che mai potette gioire di avere coronato quel sogno d’amore. Mai tra le mani sue giunse la notizia lieta, quella lettera che mai approdò a dare luce ai suoi occhi. Erano poche le parole scritte, ma dolcissime e custodivano tutto; tutto il futuro, tutta la vita, tutti i sogni; pochi versi, in cui lei dolcemente gli diceva: “Amore mio grande, Amore mio immenso, aspettiamo un bambino”, questo diceva quel foglio “una lettera d’amore, intrisa dell’amore stesso” ma questo lui non lo seppe mai. Piansi quella notte, quel racconto mi strinse il cuore. Era la notte di Natale e occhi tristi ricordava favole lontane. Ciò che rimaneva di un amore perduto, era un foglio ingiallito dal tempo ed un seme cresciuto nel grembo. Per sessanta anni lei fu fedele al loro matrimonio, mai più amò, perché mai più avrebbe saputo amare. Incatenata all’ancora di quella nave, immobile e crudele, si fermò la sua vita… Continuò a scrivere lettere piene d’amore per tutta l’esistenza, senza mai avere una risposta, eppure sapeva benissimo che non poteva averne. Nasconde la verità la morte… e lo fa per sempre. Questa è la storia di un amore antico, ucciso dalla guerra, mangiato dai pesci, cresciuto nel grembo di una donna e mai più dimenticato.
Un racconto d'altri tempi, che intenerisce il cuore.
Mai ti vidi perché non volli guardarti mai ti udii perché non volli ascoltarti mai mi parlasti perché non volli capirti mai m'aspettasti perché non volli seguirti
Eppur presente eri nei miei pensieri rinnegato ti ebbi nei miei peccati non ti trovai perché non seppi cercarti e mai m'accorsi della tua presenza
Divenne notte e t'avvicinasti posasti le tue dita sul mio cuore ti scoprii il volto cercando il tuo nome raggi di luce accecaron i miei occhi
Tu che fosti da sempre il mio compagno m'accettasti il giorno della mia venuta ti prendesti cura dell'anima mia nascente piccola stilla di future lacrime
Ora dolce il tuo profumo m'invade tenero il tuo abbraccio mi circonda non lasciar più da sola la mia mano celeste amico di questa oscura valle.
La dottrina cristiana, a partire dal Medioevo e più precisamente nei Concili Ecumenici “Lateranense IV” (1215) e “Vaticano I” (1870), interpreta la figura degli Angeli, dall’ebraico mal’ak, come messaggeri della divinità e li definisce “puri spiriti” dotati di intelletto e volontà e liberi di scegliere tra il bene e il male.
Queste entità poste tra Dio e l’uomo, hanno il compito di vegliare su ognuno di noi al fine di custodire il nostro corpo e la nostra anima.
“Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 18,10).
... Un giorno, all'improvviso, quando il "buio" stava per avvolgere la mia vita incontrai il mio Angelo custode.
La prima scintilla di vita era fatta di amore. Da quel momento, senza sosta, tante piccole scintille hanno generato l'esistenza sotto molteplici forme. E tutto ciò che interagisce è frutto di quelle scintille d'amore. L'amore agisce incessantemente da sempre. E' la vita.
Ho voluto metaforicamente rappresentare l'eterna azione dell'amore sotto le sembianze di un vecchio. Con l'auspicio che davvero gli esseri umani possano vedere negli altri l'amore che agisce.
Che tutti possano vedere Dio senza cercarlo inutilmente altrove.
Lontano da te e dai tuoi occhi… Il mio cuore ti manda una rosa… Un fragile bocciolo di rosa solo per te E non lasciare che appassisca tristemente… Sotto i caldi raggi solari del mare Ma tienila vicino al tuo fresco tepore… Dissetando i suoi petali con lacrime di gioia
E lei, segreta e silenziosa… Con dedizione e fedeltà d’animo Ti darà passione profonda e amicizia Ti darà amore puro e sincerità Ti terrà compagnia quando ti sentirai solo/a… In mezzo alle voci confuse di persone indifferenti… E dentro il suo abbraccio sarai sempre e solo tu
Commento: I fiori, bellezze naturali…LA ROSA, regina di tutti i fiori insieme all’orchidea. Dentro questa rosa sono racchiusi i miei sentimenti più profondi per le persone che ho amato ed ancora amo. Dette queste parole, credo non ci sia bisogno di dire altro.
Fra tutto il fogliame d'incanto che veste la cinta, l'occhio tuo tocca la verde foglia più bella. In suo geloso grembo goccia di rugiada gravida di sole aromi di vento amebei di pastori ... e bevo cielo!
Sigillo è ora in ansie di tempo su fogli di lacrime e orazioni... Antica greca bellezza logora di sguardi e baci, aerea trina sempreverde dono in verbo presente.
E leggo in sua pagina trapassate trasparenze giubili lunari, trame d'adesioni... danze di mani, fervori e guerre di parole pacificati in arcobaleni d'amori puntati...
La poesia apparentemente slegata, è tutta in sintonia e fine a se stessa: il soggetto è la foglia in ognuna delle tre le strofe; le ho volutamente separate per evidenziare i tre diversi tempi.
1° la scelta e la raccolta di essa da parte del mio amore
2° la deposizione fra i fogli di un libro sacro
3° la contemplazione presente e la lettura nella sua pagina dei nostri eventi fatti di gioie e dolori...
E se il soggetto è la foglia, il suo complemento è l'AMORE che lega e circola in tutta la poesia di tre le strofe
E guardanno sempe 'o cielo mentre a luna cade a piezze, quanno chiano scenne 'a notte, solitudine ch'astregne. Janca e fredda, sulo neve, sott''a luce 'e nu lampione, se fa lacrema d''o tiempo nfaccia 'e llastre d''o balcone... Guerra contro nu destino, che tempesta tutt''e jurne, comm''è friddo stu cuscino pe stu ggelo ca sta' attuorno. Desiderio 'e vulà forte comme fosse n'aquilone, mbraccia 'o viento ca me porta, comme ajere, a fa' 'o guaglione... Ma guardanno sempe 'o cielo, na cannela diinto 'o viento, vola, torna e se fa niente... Cade a piezze 'a luna argiento...
Commentare questa poesia mi sembra quasi inutile.Io che ne sono l'autore in tutta umilta' ne conosco verso per verso ed il suo significato.Pero' alcune considerazioni si possono fare sullo stato d'animo che induce una persona ad esprimersi in certe forme e in una certa maniera. Quando si è avvolto da pensieri traditi nei loro intenti e disperatamente se ne cerca la soluzione allora nascono mille sensazioni utopistiche di quello che doveva succedere e che non è successo. I pensieri non fanno dormire, rendono insofferenti e nervosi e tutto da' fastidio, allora, solo allora nascono le sensazioni della vita da ragazzino, quando la si poteva cambiare crescendo e facendo meglio le scelte, volare, volare,nei cieli infiniti in tanto spazio e non incontrare gente della quale spesso ne serbi un cattivo ricordo. Si ritorna a guardare il cielo, la neve sui vetri delle finestre e la luna e ci si paragona ad una candela nel vento, nella sua effimera bellezza ma nella sua enorme fragilita' e riporto doverosamente cio' che mi ha scritto un mio carissimo amico poeta, il Dott. Nunzio Strazzullo il quale afferma che siamo tutti delle candele nel vento, fragili ed effimeri e ce lo dovremmo tutti ricordare nello splendido verso delle Ceneri che recita in latino :
"Memento homo, qui pulvis es et in pulvere reverteris"...Saremmo tutti un po' migliori. Grazie
Bruno Zapparrata
Una candela (traduzione letterale e non poetica di NA CANNELA di Bruno Zapparrata, proprieta' dell'autore)
E guardando sempre il cielo mentre la luna cade a pezzi, quando piano scende la notte, solitudine che attanaglia... Bianca e fredda, solo neve, sotto la luce di un lampione, si fa lacrima del tempo sopra i vetri del balcone... Guerra contro un destino, che tempesta tutti i giorni, come è freddo questo cuscino per il gelo che mi circonda... Desiderio di volar forte, come fossi un aquilone, tra le braccia del vento che mi porta come ieri, ad essere ragazzo... Ma guardando sempre il cielo, una candela dentro il vento, vola, torna... e poi...è niente... cade a pezzi la luna d'argento...
Quali orecchie ascolteranno Il flebile mio respiro Quali corde vibreranno Al tocco del mio cuore di pietra. Stampati sorrisi, finti, da paresi Gravitano intorno ai miei spenti occhi Acque torbide e melma Sommergono il mio volto Quale Demone mi spingerà in fondo Quale Dio mi spingerà in alto Sollevandomi dall’incubo Del mio strisciare in orizzontale In questa terra di mezzo In cui non sono né carne, né pesce!
Questa è la descrizione del mio stato attuale: "Amorfo"..trascino il mio io dolente, nell'attesa di un Demone o di Un Dio.. che dia corpo al mio essere.. (Piero Rotundo)
Impercettibili e flebili gesti soffici e impalpabili sguardi sensi storditi nel sublimarsi scoscesi pendii e fievoli passi.
Tace il canto degli uccelli immobili sono le fronde muto il ruscello scorre il paesaggio statico appare.
Ma il fermento sotterraneo bolle devastante la furia attende l'uragano silente giunge d'improvviso la violenza irrompe.
Tenebre squarciate da lampi piogge scroscianti inondano tumultuosi venti stravolgono agognati momenti di pace.
Ulula la tempesta nella notte sradicate le radici dal suolo scardinate le ultime case poi agghiacciante sovrasta il silenzio.
E' una poesia che si presta a molte interpretazioni, scritta in un periodo difficile, dove il comporre versi ha rappresentato il modo per superare le aspre vicissitudini della vita stessa, facendo defluire pian piano "il male di vivere" che a volte è presente nei nostri giorni. L'uragano dei sentimenti, delle paure, della rabbia, delle attese... che d'improvviso si risveglia.
I sentieri infiniti che portano all’orizzonte marino dove le nuvole si incontrano per preparare i loro canti, e dopo l’umido concerto respirare l’umus della terra mentre lontano ancora voci di nubi e cori di pioggia. Dopo ogni temporale ho come una sensazione di ricominciare a vivere, come se le nuvole grigie avessero pianto al posto mio, ma sento stranamente ancora un peso sul cuore che neanche il timido arcobaleno riesce a portare via mi trovo sveglio e cosciente come dopo un sogno tra i rami di una profumata primavera mi siedo e attendo che le ultime note cadendo dal cielo possano ammorbidire i pensieri senza musica nascosti tra i miei capelli.
Pioggia e musica è una poesia dove si incontra spesso la parola "come" , ed è un rapportarsi, un confrontarsi con delle situazioni che si vivono giornalmente e si avverte molte volte quella sensazione di fermarsi, lasciare tutto, ma solo un attimo dopo...come una pioggia che ti avvolge arriva la musica...non solo delle note o degli strumenti....ma tutta la musica che ci circonda...e come dopo un temporale estivo...ecco il sole..e si riparte. Mario Azad
Felice anno nuovo a tutti gli amici del blog. ros e massimo
Notte di capodanno
Scoppiettano, rimbombano, tumulto di spari turbinio di fuochi, ma urlano la gioia? Confusa esco dal giardino di mia vita. Inciampo in grovigli di egoismo, scalo monti d’orgoglio, precipito in valli d’insignificanza, rumino macigni di preghiera. Ecco ritrovo seme novello di speranza e cauta lo ricopro con terra d’amore. Mi riposo … ai bordi del silenzio e fiduciosa attendo nuova fioritura.
Mi cunsignò un saccu, Diu, chinu di simenza, di simenza di puisia. E ju mi fici viddanu ntò jardinu di l'amuri, haju caddi nta li manu e nta la vuci e ciuri p'arripizzari li tila sfardati di li sonni senza culuri di tutti l'omini cundannati. Simìnu e nun mi stancu, travagghiu senza mai lintàri, sdivacu niuru su biancu, haju un tirrenu di cultivari cu la spiranza e cu l'amuri, un tirrenu fattu di cristiani aggubbati da lu pisu du duluri...
Il poeta è un contadino, semina versi con la speranza che il terreno sia fertile e possano sbocciare frutti e fiori in grado di sollevare l'uomo dal dolore. (Francesco Ferrante)
(Dipinto: Paesaggio-Rocco Paci)
Postata nei commenti trovate la traduzione della poesia fatta dallo stesso autore.
Cerco la “casa del pane” * d’esultanza santuario, pia grida canto. Ma smarrita è la cometa nel labirinto dei dannati: surrogate luci fanciulle della notte follie di droghe e suoni; forme d’uomo smemorati da scienti saggi sotto vecchi giornali di ieri, ripudiati dormono. “Dov’è il tuo Dio?” urla Giobbe, da nudo tepore antico pietoso letame scalda: verme e anima ! Eppure all’orma tua il mio piede stava attaccato e al vico delle indecenze giungo, malinconico trapestio! Lontano, festoso clero e gioie di pastori, santi epuloni d’una notte, osannano giubilanti : “è Natale, non si soffre più”! Strascico passo su zacchere di pianto.
*riferimento a Betlemme, il cui nome in aramaico vuol dire: "casa del pane"
Ho scritto questi versi all'inizio del periodo natalizio, era notte, la città brillava di luci e gioie effimere... nell'aria il gemito dei senzatetto e il grido degli ultimi...Luoghi sacri colmi di gente esultante e girando l'angolo si muore! Si gira lo sguardo per non vedere e si canta felici "è natale non si soffre più", per una notte ci si sente santi e giusti imbandendo le tavole di superfluo e parole lasciando qualche spicciolo per gli Ultimi. Ipocrisia dell'occidente ricco e opulento! Che la Luce del Natale illumini i nostri cuori e le nostre menti e come i poveri pastori o i ricchi magi, condividiamo con la stalla il nostro amore e il nostro pane. Maria Savasta
Ragazzino passeggio per luminose vie davanti alle vetrine colorate. Vapori d'incenso irradiati da intermittenti lucine sbuffano al suon delle zampogne. Tintinnano le monete nelle tasche, prima di trasferirsi ai bottegai acquistando piccoli regali per far felici parenti e familiari. Vigilia di Natale, urlano i pescivendoli, sovrastano il brusio degli acquirenti in festa, in bella mostra spigole ostriche e aragoste. Mi faccio strada tra la lieta folla, visito a tappe i nonni e le case degli zii. Ognuno gira attorno alla cucina, stordito da succulenti olezzi mi perdo nel fondo dei tegami. Auguri a tutti, magico giorno beato; a casa, nascosti aspettano, i regali sotto l'albero, prima di essere scartati. Più non esiste quest'amata attesa, perso ho la via festosa, naufraga tra i ricordi di nostalgie passate.
Ho rivissuto gli anni della spensieratezza giovanile. Il Natale era atteso per 365 giorni l'anno. Il rituale mi dava gioia e certezza negli affetti. Il senso della famiglia. L'amore verso i familiari e gli amici. Poi la vita solleva il velo ed ho scoperto che erano prevalentemente illusioni, mentre la parte vera è finita con la scompara e la disgregazione di alcuni familiari. Eppure resta meraviglioso rivivere quei tempi con la mente.
Una ragione io cerco del fervore di vita pieno eppure immoto in questo angolo di terra. Danza acrobatici passi lungo invisibili reti un ragno perlaceo. In rara armonia un pullular di formiche si estenua per secchi frammenti. Un verde bruco stupendo sormonta abbracciandola una montagna di foglie. Una bianca farfalla disorienta lo sguardo in vorticose rincorse. Un cuculo a intervalli scandisce del tempo il ritmo lento. Quale in tutto questo la ragione?
Sarà forse la beffa di chi agita i fili di marionette impotenti costrette al bisogno o è un unico afflato che ora lieve ora grave anima nei confini del cosmo mille forme diverse a formare i pioli di una medesima scala che conduce all’Origine-Prima? Scivolato sulla mia mano il ragno a mio conforto spezza la mia solitudine. La risposta allora intuisco nelle note di un vento lontano.
Attraverso una lineare semplice immediata poesia si vuole evidenziare il fatto che fin dalla più lontana storia umana molti interrogativi hanno attanagliato le coscienze con risposte più o meno in grado di placare le angosce esistenziali, alimentate soprattutto dal mistero che circonda il nostro destino di creature umane. Risuona nelle orecchie il grido di Ecuba, nelle Troiane di Euripide "Zeus, sostegno della terra, che sopra la terra hai la tua sede, chiunque tu sia, difficile a comprendersi - forse necessità della natura, forse ragione degli uomini:...". Coloro che più insistentemente hanno tentato di affrontare l'eterno quesito hanno avuto in sorte o l'illuminazione della Fede o la tragica disperazione o il deserto bruciante di agnostiche o materialistiche convinzioni. Ognuno nel suo intimo forse può ascoltare la voce della scintilla che illumina il dubbio o annegare nella nera palude di risposte impossibili. (Adriana Pedicini)
Persone e cose scadenti per tempi e sensi, plagevoli di costruzioni iperboliche d’aspetti per momentanee e miserevoli funzioni.
Torri di Babele variopinte e griffate, mosse da cervelli insensibili e prevedibili come orologi all’opera per esistenze da copertina.
Puntuali forme ed apparenze, colorano stupidi ragionamenti, facilmente irretiti da menti impigrite dalla moda.
Propositi poco trasparenti, per ideali distratti ad antichi sogni, trattenuti ed avviliti nelle sabbie mobili di passioni e desideri estemporanei.
Aria servita in effimere atmosfere, e farcita di sensazioni, troppo immediate, per essere riflesse.
Imperituri ragionamenti indipendenti, trattengono un pensiero arrugginito, nero oramai come il carbone.
Granelli di intolleranza e convinzione, per attrito di presunzione e vanità, cadono inevitabilmente dalle alte torri, divenendo in basso, per continua rimessa, valanghe travolgenti e distruttive.
Sempre e solo quanto per interesse è previsto, poi….. ordinarie stanche domande ed ipocrite considerazioni di rito sulle impervenibili responsabilità delle tragedie.
Eccezionali telecronisti della morte insuperabili nella diretta, da bocciare in comprensione.
Stermini e catastrofi nulla ha presa né tanto meno lascia effetto, al ricordo come al presente, all’ombra di una disarmante convenienza.
Poca storia per un ago perso nel pagliaio della tecnologia delle forme dell’inutile.
Poco stupore per le meraviglie del mondo.
Ovunque incontrastata è insaziabile voglia adrenalinica mentre sguardi innaturali ed ossessivi, cacciano, negli infiniti presidi di materia uno spirito nomade e sfuggente.
Torri di Babele "..oramai non ha alcun interesse se una cosa serva o meno, l'importante è che sia lucida e veloce...tanto quanto non interessa cosa si dica, fondamentale è da dove si parla....così pian piano diviene superfluo se si creda o no in qualcosa.....basta darne solo una sensazione....."(Filippo Pio)
Nel mio silenzio di parole… urlo forte il tuo nome al cielo… muto brusio evanescente della mia voce. Nelle mie lunghe notti di luna piena… sento una leggera brezza sulla pelle… che mi riporta il tuo profumo, la tua grazia schiva e riservata. Quanta triste e sfuggente malinconia… nel “risentire” la tua fragranza delicata, nel “rivedere” il tuo gentile garbo. Dolci essenze e immagini sfumate… di un passato lontano eppur scolpito, eco acuto di struggente nostalgia… che come un sibilo risuona… tra sinuosi colli ed alte vette, per fermarsi e riposare… nelle profonde e segrete gole del mio cuore.
La malinconia, sentimento dolce che ti prende, quando pensi a qualcosa o a qualcuno che non c'è più. Arriva all'improvviso, quando ascolti un suono famigliare, quando annusi un odore conosciuto, e tutto ciò ti riporta alla mente e nel cuore, situazioni e persone che non sono più con te. Ed in silenzio, vivi intensamente questo dolce e profondo sentimento che è la malinconia.
Basta col seminare ai piedi dei fanciulli l'odio e l'indifferenza. Nutriti con veline e videogiochi crescendo all'ombra di Vegeta, smarrita hanno la via del vecchio campo di periferia. Lì, dove due pietre son l'unica meta per infilar la palla ed esultare. Non più un abbraccio tra teneri bambini, non più una zuffa per non restare in porta. Tutto diventa serio anche se hai pochi anni. Stronchiamo i messaggini, le fascinose chat. Stringiamogli le mani, portiamoli nei prati a chiacchierare insieme gaurdandosi negli occhi. Indi poi incontro al buio, sotto le amiche coltri, senza televisore, attiveranno i sogni di chiacchiere e pallone.
La società di oggi stà distruggendo l'innocenza dei bambini. Quel periodo felice che resta nei ricordi di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di poter fare i "bambini". Una fase dell'esistenza dove davvero prevalgono i buoni sentimenti, dove ancora si vive in funzione dell'amore. Se distruggiamo i "bambini" distruggiamo l'amore. Ecco il grido che traspare in questi versi. Educhiamo i bambini all'amore, distogliamoli da tutto ciò che li allontana dalla loro fantastica innocenza, solo per il gusto di vederli "grandi" prima degli altri. Salviamo i BAMBINI.
Mimosa,doce doce staie nascenno sott''o cielo ceroggèno 'e fevraro; n'aceno arape e n'ato staie schiudenno, goccia pe goccia sgrane nu Rusario... Primmavera ca tuorne cu 'a poesia; no, nun è ggrano, sta campagna è oro; mille culure dinto a ll'uocchie e 'a luce, sceta d''e suonne 'a musica d''a vita... N'angelo senza scelle sta vulanno; s'appiccia cu 'e culure 'a fantasia; cadono fronne 'e mare pe sta via... arde 'a cannela dint''a na buscia... Zingara, faccia d'angelo, malìa, scesa d''o Paraviso pe magìa. Rosa sfrunnata d''o chiarore 'e luna ca torna a me, c''o viento d''a furtuna...
Questa poesia non avrebbe bisogno dell'introduzione alla lettura perchè molto semplice. Sono sensazioni che sgorgano spontanee quando fermo al balcone, circondato da alberi primaverili a fine febbraio, dove bastano due giornate di sole per far fiorire le mimose, uno resta estasiato a commentare questo miracolo della natura. I pensieri si accavallano, la fantasia lavora e pensi a qualcuna che non è al momento accanto a te però è presente e vicina. Di conseguenza vai a fare l'analisi di un rapporto che grazie a Dio, non è sempre negativo ma qualche volta puo' essere anche con fini ottimistici e ne tiri le somme semmai mettendo su carta delle immagini raffiguranti momenti del rapporto stesso. In questa poesia penso ci sia tutto in fatto di rapporto ossia, Fede, Estasi, ammirazione, qualche dubbio ma la conclusione è positiva. A Voi, cari amici il parere, il giudizio, quello che volete. Grazie.
Postata nei commenti trovate la traduzione letterale e non poetica della Poesia ZINGARA a cura dello stesso autore.
Io abito negli occhi di un bambino dell’Africa, abito nei confini dei tuoi muti deserti.. Io abito sulle lacrime che rigano il tuo volto, nelle profondità abissali di un vecchio ricordo, Abito negli scantinati maleodoranti, dove come bestie, si rifugiano i clandestini. Io abito nei cartoni della notte, dove i clochard si riparano dal freddo. Io abito dietro le sbarre dei carcerati, dove il cuore isolato... chiede perdono a chi ha amato. Io abito nelle preghiere di chi crede, per consolare gli afflitti. Io Esisto per tenderti una mano E donarti il regno dei cieli… Io sono Dio.
Non commento, perchè si commenta da sola! Sonia Demurtas Tratto del libro "Oltre l'amore" - ALETTI Editore.
Fermo respiro ascolta il tuo su auloròsa pelle del ricordo, veloci ritmi emozionali , palpiti d’anima notturna sola come libero aquilone reciso dal suo filo di passione, seduto su nube di cuscino enfiato da tenere lacrime e morbide orazioni. E verrà la luna a rapire il canto del silenzio pel suo mar della tempesta. E sola resterò coi muti tuoi sorrisi di pace: e sarà giorno!
" Ho scritto questi versi nel silenzio della notte, trattenendo il respiro percepivo il profumo della pelle amata di chi m'ha lasciato per cieli nuovi e terra nuova, e nell'emozione sentivo veloci i palpiti dell'anima. piangevo e pregavo libera come un aquilone sfuggito dalle dita d'un fanciullo distratto; svincolata da lacci e terrene passioni . Il mio silenzio non è nemico, ma un canto di dolci rimembranze, e quando da dietro la finestra guardo la luna, s'interrompe il canto: è stata lei a rapirlo per pacificare il suo mar della tempesta dove confluiscono tutte le umane tragedie. Resto sola coi sorrisi nel cuore del mio amato, e la certezza che "sarà giorno"! La 'e' scritta in un solo verso e perciò staccata da 'sarà giorno' vuole per l'appunto indicare non la speranza, ma l'assoluta sicurezza della luce a divenire"
Un dì m’accorsi d’essermi perduta mentre vagava l’anima mia fra i sensi d’un tratto l’armonia si fece muta si spensero quei giorni fatui e melensi l’eden m’avea accolta un dì lontano stordito s’era il cor di tanto ardore ignara m’inoltravo piano piano nell’incantato bosco dell’amore donai anima e corpo senz’indugio certa che il fato fosse un re clemente giammai cercai riparo né rifugio scevra d’inganni abbandonai la mente mille o più di mille furon quei baci quelle carezze languide e suadenti magiche notti scandevan ore audaci l’oblio fluttuava libero tra i venti non seppi allor capir colui chi fosse quel volto che m’avea sì tanto amata cosparsa m’ebbe la via di rose rosse io gli credetti e fui così dannata passaron sul mio corpo i mesi e gli anni lasciando i segni delle vane attese la gioia cedette il posto a quei malanni il cor s’inaridì ma non s’arrese fuori dall’uscio stetti come un cane fedele attesi briciole di vita m’accontentai di acqua e poco pane riempir la ciotola per lui fu cosa ardita negate allor mi furon le speranze sgorgaron dai miei occhi lagrime amare cessò la melodia con le sue danze rimasi sola avvinta al mio fervore furon momenti d’atroce smarrimento fitti quei rovi m’infliggean dolore il corpo mio fu avvolto dal tormento trovai il coraggio e strappai dal petto il cuore.
La poesia è tratta dal libro "Viaggio autobiografico nel paranormale". Questa poesia come le altre facenti parte del capitolo dedicato alla scrittura automatica e alle poesie ispirate, è stata da me composta in uno stato d'estasi e in pochi secondi senza riflettere, né sapere cosa stavo scrivendo, come se qualcuno mi dettasse quei versi che scaturivano senza sosta dalla mia penna. Contemporaneamente alla scrittura, nella mia mente si avvicendavano le immagini che poi ho ritrovato nel testo del componimento.
Te scordi ogni tanto de avella E soprattutto non te ricordi mai de falla Fai schifo dietro all’ombra der bastone Te degni de fà solo er padrone Ricordete pero’ omo leggero Che un giorno sarai tu er passeggero E sì ppè caso guido io Vendichero la fame a nome mio Ma siccome de te so’nfame manco a metà Sicuramente me scapperà a pietà.
Sono Spesso disturbato, annoiato e stanco delle solite notizie, del buonismo della finzione nascosta e coperta da atteggiamenti COLORATI. Poi per strada leggo il nome di questa via, e piu’ di mille bandiere, esplode un sentimento uno “strillo” un basta, ma lo so’ NUN BASTA”. Lo zozzo è indelebile.
Non ho tante parole, per questo ho scritto la poesia. Fabrizio DI PALMA.
Sola vago nella nebbia mattutina, ed il mio viso si confonde, la mia anima si perde… tra campi umidi… di gocce di rugiada, tra delicati fiori sonnolenti, che ancora, chiusi ed abbracciati, si riparano dalle prime intemperie, dell’ancor mite… e dolce freddo della notte.
E sempre sola, mi addentro cauta… lasciando un’ombra opaca, una leggera scia di malinconia… in questa bruma autunnale, che diventa, sempre più fitta e spessa, e mi riveste, mascherando il mio profilo, ormai quasi invisibile ed etereo, sfumando lentamente nell’oblio, i miei pensieri, le mie parole… i ricordi del mio cuore.
A volte, quando i ricordi non sono solo ricordi sereni, che ci fanno star bene, ma sono ricordi che ancora ci turbano nel profondo; ecco quando questi ricordi ci fanno star male, allora vorresti sparire, sfumare lentamente nella nebbia, e rinascere in una nuova vita oltre la nebbia, dove un sole splendente ci accoglie, cancellando e lasciando indietro ciò che ancora turba il nostro cuore.
Dove ti troverò amico mio? Forse sotto un cielo coperto di stelle? Sarà lì che ti troverò? Sì, perché tu non sei fra la gente che mi sta accanto, che oggi è con me e domani è contro di me. O forse sono io nevrastenica, che non so dialogare, che non ascolto le ragioni degli altri. Forse anche tu vuoi dirmi questo, amico mio. Forse tu vuoi placare la mia ira, per questo taci quando io mi lamento. Oppure pensi che in quest'istante solo tu puoi essermi amico, così come io penso che solo tu puoi comprendermi. E' così, amico mio? Dimmi, è così? E intanto ti cerco e continuerò a cercarti volando nella notte coperta di stelle.
" A volte ci capita, pur avendo tanti amici, di sperimentare momenti di incomprensione, di solitudine. Dipenderà da noi, dipenderà dagli amici, fatto sta che c'è qualcosa che da loro ci separa. Ma il bisogno di comunicare ci è prezioso come l'aria che respiriamo ed allora ci rivolgiamo a un amico immaginario, testimone del tempo che legge fin nel profondo del nostro cuore. Esisterà davvero quest'amico? Chissà. L'importante è che noi riusciamo ad aprirgli il nostro cuore." (Albertina Piras)
(Foto: L'Amiczia di Elisabeth D'Amico-fotommunity)
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